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Centro Covid al Civile? La contrarietà e le proposte della Cgil Brescia

La Cgil Brescia ha da subito espresso un giudizio negativo sulla proposta di creare di un’unità operativa di 170 posti Covid-19 nella scala 4, in pieno ospedale Civile. Nel volantino diffuso in questi giorni tutte le ragioni della nostra contrarietà e le proposte della Cgil Brescia.


La Cgil di Brescia è contraria alla creazione di un’unità operativa di 170 posti di Covid 19 nella scala 4, in pieno ospedale Civile. È una posizione che abbiamo espresso fin dalla prima formulazione della proposta nello scorso maggio e che ribadiamo ora, a fronte di un bando che presenta molti punti contraddittori e preoccupanti.
La nostra dunque non è una contrarietà di principio; siamo consapevoli della necessità di azioni anche drastiche di contrasto al virus, e che tali azioni non possono che coinvolgere la principale struttura sanitaria pubblica. Ma solleviamo timori oggettivi su aspetti inderogabili per i lavoratori e per i cittadini, e su cui ad oggi non abbiamo ricevuto riscontro.

- Prevale un approccio emergenziale, invece è necessario aumentare la prevenzione sul territorio.
- Sul piano della sicurezza, il centro Covid all’interno dell’ospedale costituisce un elevato rischio per il contagio di utenti e personale.
- Si apre spazio al privato senza adeguati criteri e limiti, nel cuore di uno dei più importanti ospedali italiani.
- A fronte di nuove esigenze sul piano sanitario, non si pensa né a stabilizzare i tanti precari che hanno aiutato in questa fase difficilissima né a sostenere i lavoratori stabili, appena usciti da un periodo massacrante.
- Senza un aumento del personale, i nuovi posti letto verranno inevitabilmente tolti da altri reparti già in affanno.

Per affrontare il Covid servono altre soluzioni e proposte alternative serie esistono: è tempo di ascoltarle!

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La storia.

Ad aprile l’assessore alla Sanità di Regione Lombardia Giulio Gallera, in visita a Brescia, annuncia in conferenza stampa la creazione di un Centro Covid a scala 4 dell’Ospedale Civile.
Fin da subito molti sollevano perplessità e criticità: l’Ordine dei Medici e altri Ordini professionali, le istituzioni pubbliche cittadine, esponenti politici, le rappresentanze della società civile, i giornalisti, i Sindacati. Come Segreteria Fp Cgil e Delegati Fp CGIL degli Spedali Civili cerchiamo un’interlocuzione con la Direzione dell’Ospedale, ma pare non esserci margine, e lanciamo la campagna “No al Centro Covid all’interno degli Spedali Civili” sul canale Change.org (http://bit.ly/nocentrocovid).
Nei mesi successivi, la Direzione ribadisce più volte sui media l’intenzione di realizzare il Centro Covid, e continua a sottrarsi al confronto pubblico con il Sindacato e con gli altri soggetti critici sul progetto; né la situazione cambia con l’avvicendamento del Direttore Generale.
Ad agosto l’Azienda Ospedaliera chiede con un bando l’interesse di soggetti privati a farsi carico a loro spese della realizzazione del Centro Covid di scala 4.

Le criticità.
Non esprimiamo una contrarietà di principio al Centro Covid; siamo consapevoli della necessità di azioni anche drastiche di contrasto al virus, e che tali azioni non possono che coinvolgere la principale struttura sanitaria pubblica. Ma solleviamo timori oggettivi e ponderabili, su aspetti inderogabili per i lavoratori e per i cittadini, e su cui ad oggi non abbiamo ricevuto riscontro.

Il territorio.
L’azienda e la Regione si sono focalizzate su un Centro specializzato all’interno del Civile, e hanno privilegiato un approccio emergenziale che ricade nuovamente e interamente sull’Ospedale. Così facendo però tralasciano gli aspetti di prevenzione e di contrasto sul territorio. Le linee guida e la letteratura scientifica invece prospettano una rete di strutture sanitarie di prossimità (cioè vicine al cittadino), organizzate e distribuite per intensità di assistenza, e di servizi domiciliari, che operando insieme ai medici di medicina generale ed alle ATS (le ex ASL) possano individuare precocemente e trattare autonomamente la maggioranza dei pazienti positivi. Si evita così il sovraccarico delle strutture ospedaliere, che possono continuare a garantire i normali servizi di sanità alla popolazione e concentrarsi su quei casi acuti che necessariamente vanno ospedalizzati.

Sicurezza.
Il centro Covid all’interno dell’Ospedale rappresenta un vero e proprio problema. Contro ogni possibile rassicurazione. Le caratteristiche del virus; le necessità di organizzazione e gestione dei reparti ospedalieri, dove materiali, strumenti e personale  necessariamente si spostano quotidianamente dentro e fuori dai reparti (ad es. cucina, centrale di sterilizzazione, magazzini, lavanderia, etc); la struttura dell’Ospedale Civile, con reparti collegati da lunghi corridoi, promiscui e privi di percorsi differenziati; le esigenze cliniche dei pazienti Covid, che quasi sempre richiedono l’apporto di diversi specialisti ed il conseguente spostamento di operatori e pazienti tra diversi reparti e servizi; un Pronto Soccorso unico, a cui tutti i pazienti accedono indifferenziatamente (compresi quelli che saranno poi destinati ad un eventuale Centro Covid), strutturalmente privo di zone filtro e di percorsi separati, le cui lunghe tempistiche prima del trasferimento dei pazienti ai reparti addirittura favoriscono il rischio di contagio - tutte queste variabili rendono impraticabile l’idea di poter realizzare una struttura che sia realmente isolata, indipendente, autonoma e blindata dal resto dell’ospedale, con cui deve in realtà continuamente rapportarsi ed interfacciarsi.

L’organico.
[1] Il nostro Ospedale soffre una situazione di carenza di organico che si trascina da anni: le ferie arretrate, i salti di riposo, gli straordinari e le attività aggiuntive accumulate pesavano sugli operatori già prima dell’emergenza Covid, ed i rischi per la sicurezza degli stessi operatori e dei pazienti dovuti a questa situazione sono stati più volte denunciati dai Sindacati. Il carico di impegno fisico e psicologico di tutti i lavoratori negli ultimi mesi ha ulteriormente aggravato questa situazione. Oggi non sappiamo con quali e quante risorse umane (medici, infermieri, operatori di supporto, tecnici, personale amministrativo) la Direzione e la Regione intendono rendere operativi i 170 posti del Centro Covid, e temiamo che vogliano procedere a “iso-risorse”, cioè senza nuove assunzioni ma spostando personale da altri reparti, lasciando questi ultimi ancora in maggiore sofferenza e avviando il Centro già in una condizione di stress operativo.
[2] Nella fase più acuta dell’epidemia l’azienda ha assunto, con contratto a tempo determinato o attraverso cooperative ed agenzie interinali, più di un centinaio di operatori di vari profili. Ignorando le nostre richieste, e complice l’indisponibilità della Regione, questi lavoratori verranno lasciati a casa a fine settembre. Si sarebbe potuto invece destinare questi lavoratori già competenti al Centro Covid, o meglio ancora impiegarli per rafforzare gli organici dei servizi in sofferenza, anche in funzione anti-Covid, sul territorio ed in ospedale.

Posti Letto.
[1] Dato che la Regione non ha mai garantito il contrario, i 170 posti del Centro Covid sono da considerarsi compresi nei quasi 2000 attuali accreditati (cioè autorizzati e retribuiti dalla Regione), non sono insomma posti in più che l’Ospedale guadagna. Quindi andranno recuperati togliendoli da qualche altra specialità. Nessuno però finora ha detto quali specialità verranno ridimensionate, e non è possibile valutare l’impatto che questo potrebbe avere per i cittadini e per l’Ospedale. La Regione, infatti, non ha nemmeno detto come intende retribuire i posti letto Covid. Questo significa molto concretamente che l’Ospedale Civile, già in sofferenza economica all’inizio del 2020 rispetto al 2019, rischia di pagare per questa operazione un conto che non può permettersi, da qui per gli anni a venire.
[2] Scavalcando le indicazioni nazionali, la Regione non realizzerà reparti Covid in ogni ospedale, ma ha invece individuato 5 ospedali hub regionali (cioè ospedali dove verranno concentrati tutti i pazienti di più province). Uno di questi hub è l’Ospedale di Brescia, che  accoglierà i pazienti Covid delle province di Brescia, Bergamo e Mantova, coprendo un territorio di quasi 3 milioni di cittadini. In questa prospettiva, senza nemmeno una struttura territoriale che faccia da filtro, 170 posti sono una inezia rispetto al fabbisogno di un bacino di utenza così ampio in caso di nuova esplosione epidemica. Se si vuole che il nostro Ospedale sia hub (eventualità a cui non siamo contrari a priori), lo si deve fare bene, con criterio e metodo.

Aspetti tecnici.
[1] La somma prevista nella delibera aziendale di agosto per 2,5 milioni di euro è assolutamente insufficiente per intervenire su scala 4 rispettando i criteri di igiene pubblica e di accreditamento. Vanno messi in conto opere di ristrutturazione ed adeguamento (servizi di supporto, spogliatoi, zone filtro, percorsi separati, rimpiazzo di materiali edili), interventi sull’impiantistica (punti elettrici, illuminazione, climatizzazione, aspirazione, ventilazione, gas medicali, allarmistica, antincendio, ascensori), approvvigionamento di attrezzature e strumentazioni (alte e basse tecnologie elettromedicali, letti attrezzati, ecografi, pompe, aspiratori, apparecchi radiologici). Un precedente progetto di ristrutturazione e adeguamento (mai realizzato) prevedeva per la stessa scala almeno 10 milioni di euro.
[2] Lo stesso progetto calcolava in 25 il numero massimo di posti letto per piano, mentre il Centro Covid ne ipotizza 35; ma questo sarebbe possibile solo in deroga ai requisiti di sicurezza, di comfort e di accreditamento.
[3] Una struttura come il Centro Covid va inserita in un progetto più ampio che preveda: procedure e percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali differenti da quelli del resto dell’Ospedale ma integrati con essi; adeguamento del sistema informatico e documentale per movimentare il meno possibile pazienti e operatori; formazione del personale specifica per situazione e contesto. Ma di tutto questo non abbiamo mai sentito parlare.

Privati.
[1] Il bando di agosto, con cui si invitano i privati a realizzare il Centro Covid, ci preoccupa perché potrebbe nascondere l’intenzione di aprire ulteriormente a soggetti imprenditoriali e commerciali porte e risorse dell’Ospedale Civile, principale ente pubblico provinciale e regionale, ed uno dei primi a livello nazionale. E questa è una strada, che, quando percorsa, anche da altri, non ha mai portato niente di buono per la collettività.
[2] Se l’Azienda e la Regione, nonostante la nostra contrarietà, ritengono che il Centro Covid sia strategico per contrastare il Covid, devono assicurare garanzie di coperture economiche certe. Al contrario, confidare in risorse che potrebbero non essere messe a disposizione, con la conseguente non realizzazione del Centro, ci fa pensare che Azienda e Regione per prime non sono poi così convinte della sua reale necessità.
[3] Il Centro Covid dentro l’Ospedale pubblico porterà inevitabilmente ad un ritorno d’immagine negativo, a vantaggio delle strutture di sanità private. Il messaggio che passerà sarà: “il pubblico è sporco ed il privato è pulito”. Con il conseguente travaso di prestazioni (e di incassi) dal pubblico al privato. Una volta di più il pubblico si farà carico da solo delle situazioni di criticità della collettività e il privato sarà libero di dedicarsi a quanto ritiene più redditizio.

LA NOSTRA PROPOSTA
Non poniamo soltanto domande a cui devono essere date risposte credibili, proponiamo anche approcci alternativi al Centro Covid. Innanzitutto, il consolidamento del territorio con risorse e strutture certe. Non è pensabile infatti che si possa avere una strategia basata solo sul numero dei posti letto Covid (il civile è un hub con un bacino di utenza di circa 2,8 milioni di persone) senza aggredire prevenendolo il Virus con delle azioni di prevenzione territoriale. Decidere e concretizzare Pot e Presst (strutture intermedie sul territorio) rafforzando il ruolo dei medici di medicina generale, istituire unità multidisciplinari di cura domiciliari, recuperare strutture sanitarie di prossimità stratificate per intensità di cura, sotto il coordinamento congiunto di ASST e di ATS. Così che in ospedale arrivino solo i casi acuti, con bisogni clinici ed assistenziali ad alta intensità. Per questi, prospettiamo l’adozione di un ospedale a moduli nei pressi degli Spedali Civili ma separato da esso; o l’utilizzo di strutture già di proprietà dell’Azienda (ad es. il Ronchettino); o l’ampliamento e la riorganizzazione della palazzina Infettivi; o, ancora, l’ampliamento di reparti specialistici ordinari capaci di convertirsi rapidamente per accogliere pazienti Covid-positivi. Sono imprescindibili l’adeguata formazione rispetto al Covid  degli operatori, sia ospedalieri che territoriali, relativamente sia agli aspetti clinici e assistenziali, che a quelli di prevenzione e sicurezza; ed il coinvolgimento sia delle rappresentanze dei lavoratori sia delle istituzioni ai processi decisionali ed organizzativi, come previsto dalle varie linee guide e protocolli emanate in questi mesi, sia nazionali che regionali.

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