via Fratelli Folonari, 20 - Brescia Centralino 030.37291
cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

Sulla strage di piazza Loggia e la difesa delle istituzioni,

La lettera di Luciano Pedrazzani (segreteria Camera del Lavoro di Brescia) ai quotidiani locali in merito ad alcune prese di posizione dopo la sentenza della Cassazione. «Tutta questa fretta di risolvere un rovello durato più di quarant’anni, affermando che “le istituzioni si sono difese ed hanno vinto contro i loro rappresentanti infedeli”, che “la parte sana dello stato ha vinto contro la parte ammalata” (di quale malattia?) e che pertanto “la strage non è stata una strage di stato ma di quei signori lì che lo stato lo hanno tradito e avrebbero potuto farlo dirottare ma per fortuna non ci sono riusciti”, è in realtà una operazione pericolosa»


Sig. Direttore,
        dopo la storica sentenza per la strage abbiamo la certezza anche giudiziaria di una verità storica che conosciamo nel suo disegno generale compiuto.
Sappiamo che i neofascisti di Ordine Nuovo sono stati per anni e anni esecutori al servizio di un coacervo di forze che chiamiamo genericamente servizi italiani ed americani deviati, P2, pezzi di esercito, intere divisioni di carabinieri, ecc.
Tutta questa storia, non ancora definita ed accertata in sede giudiziaria, è comunque abbastanza nota.
L’Associazione dei famigliari delle vittime di Bologna ha pubblicato nel tempo alcuni lavori (Italicus, l’anno delle quattro stragi – Alto tradimento - ecc) che, mettendo assieme le sole risultanza processuali di diversi processi per  strage e violenza politica, disegnano un unicum eversivo, che dagli anni ‘60 arriva quantomeno alla strage di Bologna e che, a leggerlo, fa anche ben capire i disegni, le strategie e le mani che hanno operato nel tempo.

Così inquadrata si capisce anche la strage di piazza della Loggia, che è sì una strage politica, come ben affermato anche dalla sentenza di Milano ora confermata dalla Cassazione, ma dentro una terribile teoria di stragi e tentate stragi, chiare nel loro scopo “stabilizzante”.
Ora, siccome non stiamo parlando dell’immediato dopoguerra o dell’assestarsi di equilibri internazionali ancora precari, in realtà verifichiamo l’effettiva sovranità di questa “fragile repubblica”: chi comandava e comanda davvero, in un susseguirsi di tentativi di colpo di stato finalizzati a bloccare aperture politiche e ad assicurare la fedeltà al Patto Atlantico. il ruolo effettivo esercitato  dalle varie Gladio, Anello, Noto Servizio ... fino ai giorni nostri, evocati dai silenzi e dai depistaggi anche sulle stragi di mafia.

A margine del dibattito che ho seguito alla festa provinciale dell’Unità ed in particolare riguardo ad affermazioni così con forza sottolineate dall’ On Alfredo Bazoli, come ho avuto nell’immediato occasione di dichiaragli il mio dissenso, sento la necessità di precisare, per quel che vale, il mio pensiero.

Allora io penso che tutta questa fretta di risolvere un rovello durato più di quarant’anni, affermando che “le istituzioni si sono difese ed hanno vinto contro i loro rappresentanti infedeli”, che “la parte sana dello stato ha vinto contro la parte ammalata” (di quale malattia?) e che pertanto “la strage non è stata una strage di stato ma di quei signori lì che lo stato lo hanno tradito e avrebbero potuto farlo dirottare ma per fortuna non ci sono riusciti”, sia in realtà una operazione pericolosa perché, pur nel nobile intento di ridare fiducia alle istituzioni democratiche ed alla forza della giustizia, rischia di favorire chi vuol mettere una pietra sopra l’accertamento della verità e delle tante responsabilità anche politiche che ancora possono essere accertate e raccontate, anche dai loro protagonisti.

Questa necessità non può passare dalla ridicolizzazione di “chi andava dicendo che la strage era di stato”, “che aveva in quest’ottica il solo scopo di addossare tutte le colpe alla politica, cioè alla Democrazia Cristiana, contribuendo così a negare le responsabilità effettive sulla strage”.
Quell’affermazione, seppur grezza, ben rendeva il clima di quegli anni ed il potente investimento in  atto, teso a condizionare il percorso democratico del Paese.
Pertanto. oltre a voler giustamente conoscere chi quella bomba ha messo in quel cestino ed anche quali bresciani, oltre al Buzzi, abbiano lavorato per la riuscita della strage, c’è anche la necessità di riprecisare appunto il contesto ed i fatti di tutto quanto è successo in quegli anni e di fissarlo in censure di giustizia, accertando le responsabilità.

Solo così è possibile fare un salto in avanti e fissare gli anticorpi per impedire a questa fragile repubblica di ripiombare in mani assassine di persone e di democrazia.

Luciano Pedrazzani - Segreteria CGIL Camera del Lavoro di Brescia                 Brescia 21.07.2017

Approfondimenti