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UN MILIARDO E 200 MILIONI ALL'ANNO SAREBBERO SUFFICIENTI PER LA PREVENZIONE E LA MESSA IN SICUREZZA. OGGI IL COSTO DEI DANNI CAUSATI DA TERREMOTI E ALTRI DISASTRI È DI 3 MILIARDI E MEZZO

La priorità? Mettere in sicurezza il territorio


30 agosto 2016 - "La priorità è mettere in sicurezza il territorio". Così Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea, ieri ai microfoni di RadioArticolo1, nello speciale dedicato al terremoto dell’Italia centrale.

I numeri sono eloquenti: 100.000 alloggi a rischio rientranti nell’edilizia storica delle grandi città, e circa 400.000 alloggi a rischio dell’edilizia storica nel resto del Paese. "In totale le case che hanno più di 40 anni di vita sono 800.000 e due milioni sono le unità abitative legate al boom edilizio degli anni ’60, costruite in zone di cui non si conosce la struttura geologica sottostante. Vi sono poi quasi un milione di edifici abusivi multipiano, che sono mano a mano condonati. Quindi il problema è la messa in sicurezza di tutto questo patrimonio abitativo e per poterlo fare c’è bisogno di un piano nazionale. Secondo l’Ance, noi stiamo pagando quattro miliari e mezzo l’anno per i danni derivanti da sismi e alluvioni e li pagheremo fino al 2032, senza considerare gli ultimi eventi. Si tratta ora di capire, avendo le conoscenze e le capacità tecniche, quali sono le priorità della nostra classe dirigente che probabilmente dovrà ripensare al proprio modello di sviluppo”, ha osservato ancora il sindacalista.

“In conclusione, dobbiamo fare in modo che il nostro new deal sia il tema della prevenzione e della messa in sicurezza del territorio, che potrebbe diventare un volano per il rilancio della nostra economia, che in questo caso vuol dire mettere in sicurezza anche il nostro paesaggio, il nostro patrimonio storico-artistico, il nostro patrimonio sociale. Renzi parla del progetto Casa Italia: ben venga, a patto che non sia una fiammata passeggera, ma un impegno di medio-lungo periodo e che faccia delle scelte chiare contro gli interessi che hanno finora impedito di far nascere i centri di controllo geologico, la precondizione per un’analisi statica dell’attuale patrimonio. C’è il tema delle detrazioni fiscali che vanno allargate agli incapienti; c’è il tema del libretto unico del fabbricato: è mai possibile che un’auto è sottoposta revisione periodica e un edificio no? È mai possibile che quando si fa una compravendita di una casa, se hai il certificato energetico o non lo hai te la cavi con 20.000 euro di multa? È mai possibile che nei piani urbanistici non si dia la priorità alla manutenzione dei centri storici? Su tutto questo, oltre a salvaguardare il nostro Paese, possiamo creare almeno 400.000 posti di lavoro per i prossimi vent’anni, investendo due miliardi all’anno contro il dissesto idrogeologico e sismico. Ma il governo è pronto ad aprire un confronto? Noi ci siamo”, ha concluso Genovesi.

 

(nella foto: la bandiera a lutto per le vittime del terremto sull'ingresso della Camera del Lavoro)

Ai microfoni di RadioArticolo1 ha preso la parola anche Salvatore Settis: "Determinante come si ricostruisce".
Salvatore Settis. "Ricostruzione è una parola, poi bisogna vedere come si ricostruisce – ha sostenuto l'archeologo e storico dell’arte –. A l’Aquila abbiamo visto una pessima esperienza: si è puntato tutto sulle new town, mentre la ricostruzione del centro storico è stata ferma per anni. Perché non facciamo niente per prevenire i disastri idrogeologici da sisma o da frane, nonostante tutti sappiamo da sempre che l’Italia è il Paese più fragile d’Europa? Speriamo che questo governo inverta la tendenza a non fare nulla”.

L’Ance (l’associazione nazionale dei costruttori edili), in un suo rapporto del 2013, ha sostenuto che il danno medio derivante dall’assenza di prevenzione è di tre miliardi e mezzo l’anno, mentre un piano preventivo da un miliardo e 200 milioni l’anno basterebbe per mettere in sicurezza l’intera penisola, scongiurando il rischio sismico. "Questa - a suo avviso - è la cosa di gran lunga più importante da fare, altrimenti saremo sempre qui a piangere i nostri morti, ogniqualvolta accade un terremoto o un’alluvione. Non servono nuove leggi, ma un senso di responsabilità diffuso da parte della classe politica".

“Come mai abbiamo il consumo di suolo più alto d’Europa, nel Paese a crescita demografica più basso d’Europa? Io credo ci sia un errore di fondo della politica e della classe imprenditoriale, che ritengono l’edilizia il principale motore di sviluppo del Paese. Lo continua a ripetere l’ex ministro Maurizio Lupi, come se tutto il resto, a partire dall’industria, non contasse più nulla. Anziché continuare a costruire e a riaggiornare la politica dei condoni, va riaffrontata la politica del suolo, ma non con nuove leggi, perché quelle vigenti già vanno bene così, se solo le applicassimo, così come è all’avanguardia anche la nostra Costituzione, all’articolo 9 con la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, e all’articolo 32 difendendo l’ambiente e il diritto alla salute. Semmai ci vogliono nuovi regolamenti urbanistici, con l’obbligo della proiezione demografica, e dunque dell’eventuale fabbisogno di nuove unità abitative come una precondizione per poterle costruire. Inoltre, ci vuole il censimento di tutti gli edifici abbandonati e vuoti, che non è stato mai fatto. Sembra quasi che noi costruiamo non per i cittadini, ma per far lavorare le imprese edili! I lavoratori delle costruzioni non resterebbero certo senza lavoro se solo venissero impiegati nell’unica grande opera di cui l’Italia ha davvero bisogno, ovvero la messa in sicurezza del suo territorio”, ha concluso il professore.

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