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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

IN GIOCO I DESTINI DI 700 FAMIGLIE

  Stefana, gli operai in corteo per il lavoro


* Dalla profilati Nave di via Brescia alla vecchia sede aziendale di via Bologna ci sono grossomodo due chilometri e mezzo. Ieri pomeriggio, sotto un cielo livido che incupiva minacciosamente i già incombenti versanti della valle, gli operai della Stefana li hanno percorsi a piedi, con le bandiere della Fiom in mano, rosse come lo striscione di tela cerata che apriva il corteo con su stampato il nome della loro azienda, dal primo gennaio ufficialmente in concordato preventivo.

Erano in tanti: 400, forse 450 sui 680 dipendenti totali compresi gli altri due stabilimenti, quelli di Ospitaletto e di Montirone. Atmosfera tutto sommato distesa. «Vogliamo solo ricominciare a lavorare». Venti giorni di totale inattività, nell’attesa il Tribunale di Brescia si veda consegnare dall’azienda il piano di ristrutturazione (c’è tempo fino a fine aprile) stanno però minando il morale e mettendo alla prova il self control dei lavoratori. In questi giorni c’è sempre stato qualcuno attorno al braciere acceso al presidio di via Bologna, proprio di fronte alla palazzina anni Sessanta dove sono gli uffici. Ed è lì, luogo ormai simbolico di questo pezzo di storia industriale, che la Fiom ha portato il corteo per il comizio finale.
Niente retorica però. Stavolta i meccanici Cgil hanno portato una proposta. «Nei piazzali — ha detto al microfono il segretario Francesco Bertoli — ci sono 70 mila tonnellate di prodotti finiti fra travi, laminati mercantili, reti, vergella e tondo. Noi chiediamo di mettere sul mercato questi prodotti per finanziare la ripartenza».


Questione spinosa, la ripartenza. La gestione del gruppo guidato dall’imprenditore lumezzanese Giampiero Ghidini è infatti inficiata da 280 milioni di esposizione finanziaria verso banche, fornitori di energia (gas ed elettricità) e di materie prime (il rottame). Mentre Tribunale e commercialisti sono al lavoro per definire un piano concordato per la ristrutturazione del debito, occorrerebbe dunque sottoscrivere nuovi accordi con Eni, Enel e aziende fornitrici di rottame.
«Sappiamo — ha proseguito Bertoli — che l’azienda ha in cassa ancora 70 milioni di euro. Noi chiediamo che la direzione li utilizzi per saldare quella parte di stipendi di dicembre ancora spettante ai dipendenti e per definire nuovi contratti con i fornitori».

I giorni, tuttavia, corrono. E l’apprensione per il destino delle quasi 700 famiglie che ruotano attorno alla Stefana era dimostrata, ieri, dalla presenza in corteo anche dei sindaci di Nave, Caino, Bovezzo e Ospitaletto. «Nave — ragionava il primo cittadino Tiziano Bertoli sfilando lungo lo scheletro esamine delle Acciaierie Fenotti e Comini — negli anni Settanta aveva oltre tremila addetti impiegati nella siderurgia. Se chiude Stefana per questi lavoratori, la cui età media è ormai alta, non c’è più un’alternativa occupazionale sul territorio». Un’opzione a cui, per ora, nessuno vuol pensare.
* M.D.B. Corriere Brescia

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