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Una manovra da cambiare, Cgil e Uil in piazza

Venerdì 16 dicembre lo sciopero generale con due presidi in Largo Formentone. La delegazione Cgil e Uil ricevuta in Broletto dal prefetto di Brescia Laganà


Una protesta organizzata in due tranche, una la mattina e una il pomeriggio, e conclusa con l'incontro tra una delegazione e il prefetto Maria Rosaria Laganà in Broletto. Diverse le richieste mosse dai rappresentanti di Cgil e Uil che il prefetto farà arrivare nelle sedi opportune di Roma contro una manovra considerata «iniqua e sbagliata, orfana di una visione a lungo termine, che non dà prospettive certe e positive al Paese ma che, con i suoi provvedimenti, non fa altro che incentivare il precariato e l'evasione a discapito di lavoratori e pensionati». Lo ricordano a più riprese Francesco Bertoli, segretario della Cgil Brescia, e Mario Bailo a capo della Uil provinciale dei rappresentanti del presidio in largo Formentone: «La legge di Bilancio rappresenta una sorta di spia sull'impostazione politica che si vuole dare al Paese - sottolinea Bertoli - e se questi sono i presupposti la convinzione è che nel 2023 le criticità aumenteranno ulteriormente in termini di disuguaglianza e povertà». Contestate le norme inserite nella prima finanziaria targata Meloni, approvata in Consiglio dei Ministri e ora al vaglio del Parlamento, in particolare quelle sul «blocco della rivalutazione delle pensioni, considerati ancora una volta il bancomat dello Stato, il reinserimento dei voucher il cui utilizzo indiscriminato in passato - sottolinea Bailo - ha portato a sostituire completamente il lavoro subordinato e l'innalzamento dell'obbligatorietà di pagamenti con pos e del tetto al contante facilitatori dell'evasione». Ma non solo: ad essere criticate anche «la mancanza di risorse alla sanità e la misura discriminante di Opzione donna». 

«Noi vogliamo che vengano detassate le tredicesime, i rinnovi contrattuali, la contrattazione di secondo livello con lo scopo di dare soldi immediati alle persone», spiegano i sindacalisti chiedendo l'aumento del netto in busta paga per i lavoratori, aumentando la decontribuzione dei redditi fino a 35 mila euro dal 2 al 5% e sottolineano la contrarietà al «superamento del reddito di cittadinanza in un Paese in cui le persone in povertà assoluta sono oltre 5 milioni» e alla flat tax. Dicono «no» ai condoni o alla pace fiscale e chiedono una tassazione adeguata sugli extraprofitti oltre all'uscita con 41 anni di contributi senza vincoli d'età, un'uscita flessibile a partire dai 62 anni, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, del lavoro di cura, della differenza di genere, la pensione di garanzia per i giovani e per chi ha carriere discontinue e povere e investimenti per la trasformazione digitale e la riconversione verde per la crescita del Paese.

[Articolo tratto da Bresciaoggi del 17 dicembre]

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