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Gruppo UBI: chiusa l’OPAS di Intesa Sanpaolo

Prime riflessioni


Alle ore 17 di ieri, giovedì 30 luglio, si è concluso il periodo dell’offerta pubblica di acquisto e scambio promossa da Intesa Sanpaolo su UBI Banca, con una percentuale di adesione, alla chiusura, pari al 90,21% delle azioni di UBI, valore nettamente superiore alla soglia identificata da Intesa Sanpaolo per procedere all’incorporazione di UBI.

L’operazione avviata il 17 febbraio scorso con l’annuncio del tutto inaspettato del CEO di ISP, Carlo Messina, è destinata a modificare profondamente gli assetti del sistema bancario italiano, sia per la sua intrinseca rilevanza, sia per gli effetti che essa produrrà nella direzione di ulteriori processi di aggregazione.

I mesi che ci separano dall’annuncio dell’OPAS sono stati in gran parte caratterizzati dalla fase più critica dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, che proprio sui territori di elezione del Gruppo UBI ha avuto le conseguenze più drammatiche.

Nello stesso periodo abbiamo assistito alle tensioni che sin da subito si sono sviluppate tra il management di Intesa Sanpaolo e i vertici di UBI, che proprio quello stesso 17 febbraio avevano ufficialmente presentato il nuovo piano industriale in una serie di appuntamenti che avevano coinvolto anche le Organizzazioni sindacali: quel piano industriale è stato di recente oggetto di un aggiornamento, ancora coerente con la originaria prospettiva del perdurare di una condizione di autonomia per il Gruppo (senza che peraltro tale revisione fosse ritenuta occasione meritevole di un incontro con le OO.SS. di UBI).

Per parte sindacale avevamo scelto su questo tema, cruciale per il nostro futuro, un atteggiamento di cautela, evitando di esprimere un giudizio su una operazione di carattere economico-finanziario affidata ai mercati, nella convinzione che non appartenga al ruolo del Sindacato quella di parteggiare per questa o quella soluzione, quando, tra l’altro, tutti gli attori in campo dichiarano attenzione e volontà di valorizzazione delle risorse umane: quelle dichiarazioni andranno piuttosto misurate alla prova dei fatti.

La conclusione di questa prima, decisiva fase, richiede però ora che le lavoratrici e i lavoratori avvertano in maniera forte e autorevole la presenza dei loro rappresentanti sindacali, chiamati nei prossimi mesi a condurre una partita complessa e non immune da rischi.

Il primo elemento di criticità avvertito dai dipendenti del Gruppo è attualmente rappresentato dalla cessione di un rilevantissimo numero di sportelli al Gruppo BPER: in totale 532, pari a un terzo delle unità produttive della rete di UBI. Le aziende sono anche una comunità di persone unite da una storia e un bagaglio professionale e dal medesimo senso di appartenenza: la frattura che si produrrà in questo tessuto sarà uno dei tanti aspetti da tenere in debita considerazione.

Quanto prima andranno rese note le filiali oggetto di cessione, affinché si inizino a delineare alcune certezze, anziché alimentare insicurezza e ansia su cui proliferano ipotesi prive di fondamento.

Non meno rilevanti sia l’impatto che deriverà dalle unificazioni degli uffici di direzione, per le funzioni che vi sono attribuite e che risulteranno duplicate, sia le scelte che riguarderanno, oltre all’azienda UBI Banca, le altre società del Gruppo, a partire da UBI Sistemi e Servizi e dalle società prodotto.

La tutela dei livelli occupazionali, la gestione dei processi di riorganizzazione e dei loro effetti, il contenimento della mobilità (per ridurre la quale in UBI la via tempo per tempo concordata con il Sindacato è stata quella di “portare il lavoro dove sono i lavoratori” attraverso la creazione di poli di attività articolati sui territori) sono solo alcuni degli obiettivi che ci poniamo, insieme alla rivendicazione di un piano assunzioni in ottica di ricambio generazionale e sostegno e rilancio dell’occupazione.

Ai tavoli di trattativa che si apriranno nei prossimi mesi ci attendono sfide importanti che richiederanno determinazione e grande impegno.

All’interno di UBI si sono susseguiti negli anni processi aggregativi e riorganizzazioni tra banche e società interne al perimetro originario del Gruppo e, in tempi più recenti, l’acquisizione delle tre bridges banks. Riteniamo che la strada del confronto sindacale (pur con le inevitabili difficoltà e criticità) abbia prodotto risultati di alto profilo e, in alcune circostanze, soluzioni e tutele che sono state anche di riferimento per il settore.

Quella tradizione di confronto serrato e proficuo (purtroppo affievolitasi nell’ultimo periodo, non solo, a nostro giudizio, per le limitazioni determinate dall’emergenza Covid-19, bensì anche per quella che abbiamo interpretato come una difficoltà di parte aziendale di operare in una condizione di incertezza legata agli scenari futuri), andrà recuperata e sviluppata a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori di UBI.

La FISAC CGIL di tutte le aziende coinvolte sarà in campo per rivendicare e conquistare le migliori soluzioni in termini di tutela e condizioni di lavoro.

31 luglio 2020

FISAC CGIL Gruppo UBI

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