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Ottobre. Il Punto del segretario generale della Fisac Cgil

Dalla nostra ultima riflessione del mese di Luglio gli accadimenti sono stati densi, diremmo inaspettati e sicuramente impattanti sul complessivo scenario politico economico e sociale...


Dalla nostra ultima riflessione del mese di Luglio gli accadimenti sono stati densi, diremmo inaspettati e sicuramente impattanti sul complessivo scenario politico economico e sociale.

In effetti la storia spesso si ripete, era l’estate del 1964 quando un’altra crisi di governo segnò la storia della Repubblica, quella del primo governo di centro sinistra a guida Aldo Moro, l’inedita e difficile alleanza di governo ( Dc e Psi ) si ruppe su una questione cruciale legata al tema dello sviluppo del territorio.

Il nucleo della crisi allora fu la riforma urbanistica. Si sfiorò un golpe, la crisi travagliò tutta l’estate per ricomporsi ai primi di agosto con un compromesso condizionato dal “tintinnar di sciabole” di nenniana memoria. Anche allora il capo del governo era un pugliese. Alla fine di quel travagliato anno politico fu inaugurato il Ponte Morandi di Genova di cui nel mese di agosto abbiamo commemorato il primo anniversario del tragico crollo e oggi ne aspettiamo la ricostruzione

Qui finiscono le lontane similitudini. Il livello attuale è assai più basso, in questo mese di agosto tra rosari agitati come bandiere, l’inno d’Italia che risuonava in mezzo a feste in spiaggia di dubbia moralità istituzionale, migranti lasciati a morire in mare si è  consumata una delle pagine più tristi della nostra Repubblicana. L'eccesso di potere genera la tracotanza che poi conduce all‘accecamento per mano degli dei. 

Valeva per Eschilo e Sofocle, figuriamoci se non per un teatrante della politica sopra una ruspa, lo sceriffo d’Italia, Salvini, ha coltivato un sogno,  il sogno di diventarne padrone, altro che libertà e sovranità del popolo. Ha tentato di fare un’operazione plebiscitaria e securitaria. E la discussione politica doveva aprirsi con una mozione di sfiducia della Lega al Presidente del Consiglio e si è trasformata nei fatti in un atto di sfiducia del Presidente del Consiglio alla Lega e al Ministro degli Interni.

È stata senza dubbio corretta la via della parlamentarizzazione della crisi nel rispetto delle precise regole di trasparenza, dei valori costituzionali, delle regole e della cultura delle regole propria del nostro Paese. Le castagne però sono rimaste sul fuoco, non solo le tensioni sociali minate da questi ultimi quattordici mesi intrisi di linguaggi carichi di odio e rancore ma anche e soprattutto  la messa in sicurezza dei conti , le questioni collegate al lavoro e ultima ma non ultima la questione climatica che da emergenza può trasformarsi anche in una opportunità perché significa rilanciare gli investimenti sull’economia circolare e aprire opportunità anche a nuovi modelli industriali per la messa in sicurezza del territorio, per la cura ambientale e per la transizione energetica.

Noi più che a parole siamo a guardare la concretezza dei fatti espressi nei numeri che abbiamo sotto gli occhi. È nostro compito, nel solco delle idee elaborate nella piattaforma confederale mettere in campo  un’altra visione, un’altra modernità, perché il Paese ne ha bisogno e perché ancora una volta è il Paese a dover pagare il prezzo della fuga estiva del Governo dalle proprie responsabilità.

Il nuovo esecutivo è alla prova, come Cgil come Fisac non esprimiamo giudizi di merito ma nell’autonomia e nell’indipendenza della nostra organizzazione e vigileremo rispetto a quanto si farà sui temi del programma del nuovo governo. Le disuguaglianze sono qui, davanti a noi e si stanno accentuando.

Su tutto questo, sulla grande questione sociale il contributo dei corpi sociali, il sindacato soprattutto, diventa ancora di più fondamentale. A noi è data la possibilità di potervi lavorare nell’interesse dei cittadini e delle cittadine del Paese, per l’elaborazione di un percorso e di una strada che rimetta il nostro Paese in cammino e che segni una svolta significativa. Già il Direttivo Nazionale che la Cgil ha convocato il 2 settembre, nei giorni caldi della definizione del nuovo scenario politico,  ha espresso infatti  estrema cautela e attenzione rispetto allo scenario che di li a poche ore si sarebbe delineato e con forza innanzi alla discontinuità decantata dalle nuove forze politiche in gioco, ha ribadito non solo la propria autonomia rispetto ai Governi in campo ma soprattutto la continuità di visione, continuità che per noi è la piattaforma confederale presentata al primo esecutivo e che nello stesso contenuto e obiettivi è sul tavolo del nuovo. Non si faranno sconti a nessuno, i problemi da affrontare sono quelli del lavoro del salario, della fiscalità degli investimenti e non da ultimo dello stato sociale.

Temi questi che hanno fatto da leit motiv al tema centrale delle giornate del Lavoro della Cgil, che per la prima volta hanno avuto un percorso itinerante che ha coinvolto tutte le categorie da Bologna passando per Roma fino alla tre giorni Leccese in cui anche la presenza governativa, a differenza dell’assordante assenza del Congresso Nazionale di Bari dello scorso gennaio, è stata importante e di contenuto.

La partecipazione della Fisac alla tavola rotonda del 16 settembre a Bologna “ Nuove politiche industriali, sostenibilità e nuovi strumenti a sostegno di uno sviluppo di qualità” ha messo sul tavolo,  alla presenza anche del Presidente dell’Abi Antonio Patuelli, i temi della finanza rispetto agli equilibri del Paese.

Abbiamo con forza ribadito la necessità per le parti sociali ma anche le parti datoriali di riconsegnare al Paese la sicurezza sociale eliminando la piaga della precarietà, che rende tutte e tutti non più flessibili e pronti ma soltanto più deboli, fragili e gli uni in competizione con gli altri per pochi miserevoli salari.

Apprezziamo indubbiamente che tra le prime questioni affrontate dal nuovo esecutivo ci sia quella del contrasto all’evasione fiscale; l’abbiamo sempre dichiarato il problema dell’evasione è nodale per il Paese e va affrontato in maniera strutturale. Ogni anno 110 miliardi vengono sottratti al fisco e dunque viene meno la possibilità per lo Stato di utilizzare queste entrate per somministrare servizi. 

Occorre proseguire sulla strada della tracciabilità in questo senso lavorare per la riduzione dell’utilizzo del contante e per la diffusione a tutti i livelli di servizi elettronici di pagamento,  senza dubbio questa come del resto da tempo sosteniamo può essere una misura a contrasto di quelle economie sommerse alimentate da movimentazione incontrollata di danaro contante.

Tra le questioni specifiche di settore, indubbiamente i mesi di agosto e settembre sono stati attraversati dalle vicende della Banca Popolare di Bari e di Carige.

Quanto alla prima, i cui destini, pur essendo allo stato in divenire ci portano ad evidenziare le stesse attenzioni e preoccupazioni già più volte espresse rispetto non solo ai volumi occupazionali ma anche agli aspetti della mobilità e della tutela dei territori su cui l’Istituto pugliese insiste.

Rispetto a Banca Carige come anche dichiarato alla stampa, non possiamo che salutare con favore la notizia dell’approvazione dell’aumento di capitale, un atto che sicuramente risponde alle richieste che abbiamo avanzato in varie sedi e in diverse modalità, di rispetto dell’identità territoriale della banca, delle lavoratrici dei lavoratori e della clientela.

Attendiamo il piano industriale su cui saremo vigili rispetto ai punti che abbiamo attenzionato e ci auguriamo che con coerenza e senso di responsabilità si proceda nel verso di una complessiva ristrutturazione dell’Istituto genovese salvaguardando i livelli occupazionali e la presenza territoriale nel Paese.

Sul piano generale il 23 settembre ha registrato la ripresa del negoziato per il rinnovo del Ccnl Abi nel corso del quale abbiamo apprezzato nuovamente il riconoscimento come base negoziale della piattaforma che il sindacato unitario ha presentato e depositato. L’incontro del 23 ha  tuttavia evidenziato nebulosità da parte di ABI rispetto ai punti per noi centrali della piattaforma: salario, diritti e tutele. Salario perché è tempo che il sindacato torni ad essere autorità salariale, occorre per rilanciare i consumi anche che i salari aumentino perché la sola domanda esterna, l’export lo vediamo con chiarezza , fa fatica a tenere in equilibrio la bilancia dei pagamenti. Diritti e tutele, punti sui quali esigiamo risposte da Abi, risposte che dovranno arrivare in virtù della connotazioni di questi elementi come elementi distintivi di una civiltà.

È necessario che il confronto calendarizzato nei prossimi incontri di ottobre esprima risposte su questi punti nodali e cuore della piattaforma stessa, questo in virtù della qualità e della funzione che buone relazioni industriali riverberano sul Paese come del resto riconosciuto nella premessa  dell’Accordo del febbraio 2019 in materia di agibilità sindacali ma anche rispetto a ciò che sino ad oggi il confronto ha prodotto, pensiamo ai contenuti e all’impatto dell’Accordo dell’8 febbraio ‘17 in materia di politiche commerciali, ad oggi il primo e unico a livello europeo.

Lo ripetiamo e non ci stancheremo mai di ripeterlo, il confronto per noi sarà titolato solo e soltanto sui temi e contenuti espressi nella nostra piattaforma contrattuale.

Non dimentichiamo che se oggi il sistema del credito gode di una condizione di equilibrio è anche grazie al senso di responsabilità di tutto il sindacato non solo nella gestione responsabile delle uscite ma guardando indietro nel tempo anche grazie alla lungimiranza e alla tenacia nella ideazione e nella conquista di un eccezionale strumento di ammortizzazione sociale, unico nel Paese, il FOC.

Tutti i temi che abbiamo posto sono centrali il salario, i diritti, le tutele, la formazione proprio perché siamo ben consci della necessità per le nostre lavoratrici e per i nostri lavoratori di acquisire nuove competenze per una buona occupabilità anche per il futuro anche rispetto al ricambio generazionale e alla necessità di rendere attrattivo rispetto al mondo che cambia il nostro lavoro.  

E il fatto che il sindacato unitariamente riaffermi la questione salariale riflette la necessità di restituire dignità al lavoro bancario. Il rinnovo del contratto dei bancari è una questione, lo abbiamo sempre ripetuto, che non riguarda solo le organizzazioni sindacali e le banche ma i risparmiatori e tutto il  territorio, non solo quanto agli aspetti direttamente collegati a rapporto fra clienti e istituti di credito, siamo convinti infatti che restituire dignità, diritti al lavoro bancario e assicurativo consenta di migliorare il quadro complessivo del Paese nel rispetto del valore che la stessa Costituzione conferisce al risparmio dei cittadini.

E anche nel comparto assicurativo si avvicina il tempo del rinnovo dell’impianto contrattuale nazionale, in questo mese di settembre abbiamo infatti già disdettato i contratti in scadenza  e come già detto in precedenza, il modello che si seguirà per la costruzione della piattaforma, ricalcherà sostanzialmente l’iter per il comparto ABI sempre nel solco del rispetto di valori e principi della pratica democratica e partecipazione proprie della nostra organizzazione.

È chiaro che se nel corso del negoziato oggi aperto in ABI non avremo risposte serie e concrete  alle rivendicazioni che abbiamo avanzato risponderemo con determinazione ed intelligenza senz’altro utilizzando tutti gli strumenti che la pratica sindacale offre.

Siamo convinti della necessità che oggi sia quanto mai necessario incidere, anche per via contrattuale, verso la tutela del tessuto economico del Paese e in questo senso facciamo riferimento anche alle politiche di incentivazione rispetto alle assunzioni nei territori più deboli che abbiamo articolato nella nostra Piattaforma unitaria. La qualità del credito erogato, la corretta gestione della liquidità, l’etica amministrazione dei risparmi garantisce  lo ripetiamo ancora  presidio di legalità per il territorio nazionale contro usura ed economie sommerse.

Ed è sulla salvaguardia del territorio, senza cadere in un appiattimento tematico o in logiche di campanile che il 16 e 17 ottobre daremo corso ad un forum sul mezzogiorno a cura del relativo Dipartimento della Fisac Nazionale, questo perché riteniamo  necessario un momento di riflessione e approfondimento in sinergia con la congiuntura economica e sociale e soprattutto con l’intento di elaborare una proposta di rilancio anche sistemica rispetto al sistema Paese, e soprattutto al fine di chiedere alla politica quali azioni e quali strumenti intenda mettere in campo per l’effettivo rilancio delle aree più deboli del Paese.

Non siamo convinti dall’idea di una Banca per il Mezzogiorno, pensiamo infatti che una Banca per essere tale debba fare raccolta e non politiche di assistenzialismo sociale o infrastrutturale ed è in questo senso che pensiamo ad una proposta che utilizzi ad esempio i numerosi denari, la liquidità depositata sui conti correnti per progetti di sviluppo non in chiave solidaristica o filantropica ma finanziaria e  sistemica per il Paese.

Il mese di settembre si è chiuso con una ventata di freschezza che nuovamente i giovani hanno portato nelle nostre piazze, più di un milione di persone in 127 piazze del Paese. Abbiamo pubblicamente aderito al movimento di Greta Thumberg “Fridays for Future” e sostenuto la piazza globale del 27 settembre; I giovani ci hanno nuovamente chiamato per arrestare un processo dalle conseguenze terribili. Riteniamo necessario rivendicare un cambiamento non più rinviabile dei modelli socio-economici, sollecitare investimenti capaci di realizzare la tutela ambientale e l’equilibrio del territorio, creando nuova e buona occupazione.

Ecco tutto questo significa far vivere nelle nuove generazioni la speranza di salvare il mondo e di renderlo migliore, per non rubare i loro sogni e il loro futuro. Sono convito che le rivoluzioni non possano vivere nella tristezza e penso sia importante anche in questa fase trasmettere ottimismo della ragione verso chi ci ascolta e cammina sulla nostra stessa strada.

Riprendo il tema delle giornate del lavoro: il cambiamento siamo noi, riportando al centro il lavoro e i diritti al centro della nostra discussione, solo così possiamo davvero provare a cambiare il Paese.

Buon lavoro a tutte e a tutti.

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