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Ci rubano il lavoro. La grande bufala sull'immigrazione

Proponiamo questo articolo di Stefano Milani, giornalista di RadioArticolo1, che scrive sul tema della propaganda sull'immigrazione sul blog indipendente Strisciarossa


“Ci rubano il lavoro. La madre di tutte le bufale continua a fare proseliti nell'Italia dominata dal capitano degli Interni. Come la ruggine corrode, pian piano, il cervello e le coscienze delle persone. Fa breccia nel giovane disoccupato, nell'operaio in cassa integrazione, nel cinquantenne lasciato a casa, nel pensionato con la minima da fame. E fa comodo al vicepremier di turno per chiudere i porti, twittare disumanità e aumentare i consensi. Come fa comodo leggere con toni trionfalistici gli ultimi dati Istat in cui la disoccupazione scende sotto la soglia psicologica del 10%. Bene, ma non benissimo. Perché a leggerli più attentamente quei dati ti accorgi, in realtà, che nel calderone finisce di tutto, perfino chi presta servizio appena quattro ore in un mese. Alzi la mano chi se la sente di definire questa condizione un “lavoro”. 

Andare oltre l’apparenza
Non certo gli immigrati, abituati a trattamenti ben peggiori. Saldamente ultimi nella catena occupazionale, ma per molti usurpatori di buste paga altrui. Se solo avessimo la voglia, e il coraggio, di andare oltre la propaganda, scopriremmo una realtà ben diversa. Proviamoci. Disconnettiamoci per un attimo dai social e colleghiamo la mente alla ragione. E magari a qualche sito autorevole. Ce ne sono tanti nel web, come Idos (Centro studi e ricerche sull'immigrazione) che nell'ultimo rapporto lo scrive chiaramente: “Dei 2.423.000 occupati stranieri nel 2017 (10,5% di tutti gli occupati in Italia) ben i due terzi svolgono professioni poco qualificate o operaie, in ogni comparto”. Domanda: giovine italico, davvero vorresti passare 10-12 ore chino su un campo di pomodori a 40 gradi all‟ombra e a 4 euro l‟ora? E tu, donna ariana, lasceresti col sorriso figlio e marito a casa, per dedicare anima e corpo all‟anziana bisognosa di cure? La risposta è scontata, eppure la percezione nei confronti di chi arriva dentro i nostri confini per toglierci la paga a fine mese regna sovrana e disturba i nostri sonni incantati.

La badante? No, grazie
Le chiacchiere stanno a zero. Altro che rubarci il lavoro, chi arriva nel nostro Paese fa semplicemente quello che noi occidentali non vogliamo più fare. E a rimetterci sono sempre loro, gli ultimi della catena umanitaria. Lo certificano tutti gli studi e le ricerche di settore. Prendiamo la Fondazione Moressa. Secondo l‟istituto specializzato nello studio delle fenomenologie e delle problematiche relative alla presenza straniera sul territorio, un ambito particolarmente interessante per osservare le differenze è quello della forza lavoro femminile. In Italia sono occupate 9,5 milioni di donne e di queste oltre 1 milione sono straniere. Tra le collaboratrici domestiche, le immigrate sono il 72%, tra le badanti il 58%. Le donne straniere non riescono invece ad accedere alle professioni più qualificate: insegnanti, manager, avvocati. L‟analisi per settori aiuta a capire meglio il fenomeno. Nel commercio, oggi gli immigrati fanno i venditori ambulanti, mentre gli italiani gestiscono e pianificano le vendite, oppure occupano posizioni da commesso, dove superano abbondantemente il 90% del totale degli occupati. Nell'edilizia, i lavoratori arrivati oltreconfine sono 240mila, con un‟incidenza del 17%, ma fanno professioni ben precise: sono il 30% degli operai edili e dei manovali, mentre sono del tutto precluse professioni come ingegneri o architetti, dove noi italiani deteniamo il monopolio. E ancora: in agricoltura il 29% dei braccianti è straniero. Gli agricoltori e gli operai specializzati sono invece nell'87% dei casi nati qui.

Sfruttati e mazziati
Altro che insultarli, dovremmo ringraziarli. La presenza di stranieri nel mercato del lavoro ha portato a crescere, seppur di poco, le nostre buste paga. A rilevarlo è uno studio pubblicato di recente sulla rivista “Economia Italiana” e riportato da Financial Community Hub. In sostanza, i ricercatori si sono basati sui dati Inps raccolti tra il 1995 e il 2015 prendendo a riferimento i lavoratori del settore non agricolo. Tenendo conto dell'ingresso dei migranti nel mercato occupazionale, della loro disponibilità a muoversi sul territorio per cercare un‟occupazione nuova e della reazione dei salari al loro arrivo, gli studiosi hanno sottolineato “che quest'ultimo punto l‟analisi empirica dà un risultato che rovescia la vulgata, perché in realtà la concorrenza dei migranti ha un effetto positivo – anche se piccolo – sul livello della paga del nativo”.

Se non ci fossero loro staremmo peggio
Insomma, nessun dato conferma la percezione di un derby tra gli ultimi, di stranieri in competizione con gli italiani o che i primi rubano il lavoro ai secondi. Un riflesso di questa disparità si osserva nel differenziale di reddito dichiarato: nel 2016, quello dichiarato da cittadini stranieri è stato complessivamente di 27,2 miliardi, pari a una media annua pro capite di 12.000 euro, inferiore di quasi 10.000 euro a quella degli italiani (circa 21.600 euro). Come evidenzia sempre la Fondazione Leone Moressa, su questi redditi i contribuenti stranieri hanno versato Irpef per 3,3 miliardi di euro, che sommati ad altre voci di entrata, riconducibili a cittadini stranieri (tra cui 320 milioni solo per i rilasci/rinnovi dei permessi di soggiorno e le acquisizioni di cittadinanza e 11,9 miliardi come contributi previdenziali), assicurano un introito nelle casse dello Stato pari a 19,2 miliardi di euro, che paragonati con i 17,5 miliardi di spesa pubblica dedicata agli immigrati (il 2,1% dell'intera spesa pubblica nazionale), rendono il bilancio statale tra entrate e uscite imputabili all‟immigrazione positivo di un importo che oscilla tra 1,7 e 3 miliardi di euro.

Tra falsi invasori e veri evasori
“Salvini è riuscito a farci credere che siamo invasi, mentre siamo un Paese di evasori”. Dietro la battuta che Maurizio Landini ha pronunciato qualche giorno fa alla festa per i 25 anni di Emergency, si nasconde un'amara verità. E anche il segretario generale della Cgil preferisce le cifre ai generatori automatici di fake news. “Se vedi i numeri, ci stanno raccontando balle, sono aumentati di 90mila i migranti, in molti casi si tratta di ricongiungimenti familiari. Ma il dato concreto è che se vai a vedere quanti giovani italiani laureati e diplomati se ne stanno andando via, ti accorgi che sono 120mila. Sono più quelli che fuggono dal nostro Paese rispetto a quelli che arrivano”. Basterebbe una calcolatrice per capirlo. O semplicemente il buonsenso.

 

* Stefano Milani, RadioArticolo1
articolo pubblicato su Strisciarossa 

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