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Diritto alla Salute. Rosy Bindi a Brescia per l'8 marzo Cgil

Rosy Bindi invitata dalla Camera del Lavoro di Brescia per la Giornata internazionale della Donna. Un incontro molto partecipato agli Spedali Civili di Brescia per il 40° anniversario della riforma sanitaria.


«Se il diritto alla salute viene a mancare, sono le donne a pagare il prezzo più alto». Per celebrare l'8 marzo la Cgil di Brescia ha invitato Rosy Bindi, ministro della Sanità dal 1996 al 2000, intervenuta in aula Montini dell'ospedale Civile - un ambiente scelto non a caso, visto che quello sanitario è uno dei settori più "femminilizzati" - per parlare del quarantennale del Servizio sanitario nazionale. Serve un nuovo patto per la salute, secondo l'ex ministro, per non perdere le conquiste consolidate negli ultimi quarant'anni, a partire da quella legge di "rottura", la 833 del 1978, che ha introdotto nel nostro Paese un Servizio sanitario improntato all'universalità e gratuità: ciascuno paga secondo le proprie possibilità, mediante la fiscalità generale, e usufruisce del servizio in base ai propri bisogni. 

«Certi diritti, come quello alla salute, non sono conquistati una volta per tutte: serve vigilare, davanti a politiche del lavoro che sono un attacco alla salute, dove chi è precario se si ammala non è pagato», ricorda Bindi, introdotta dalla segretaria generale della Cgil, Silvia Spera, e dalla delegata del sindaco per la sanità, Donatella Albini. Bisogna puntare all’integrazione tra ambito sociale e sanitario, tra ospedale e territorio, senza dimenticare che il nostro sistema è in assoluto quello che costa meno e produce di più.

«La politica deve metterci dentro testa, cuore e mani – oltre che bravi manager – lasciando fuori tessere e compensi», dice l’ex ministro della Sanità, non risparmiando un affondo sul sistema lombardo inaugurato da Formigoni. «In Lombardia c’è un’ottima sanità, ma anche troppi scandali di corruzione nelle strutture private, e la tendenza a scaricare sul pubblico le specialità meno remunerative».

Oggi che la sanità pubblica è a un impasse, tra liste d’attesa infinite, aumento della cronicità e un numero crescente di italiani che sceglie di non curarsi, all’orizzonte si profilano nuove dinamiche che rischiano di rompere l’universalità del diritto alla salute. 

«Stiamo tornando ciascuno con il proprio portafoglio davanti al bene-salute, assistiamo alla crescita dei fondi privati, che da integrativi sono diventati sostitutivi, con l'ascesa del welfare aziendale: l'operaio, il metalmeccanico avranno il loro pacchetto standard di prestazioni, ma è un ritorno all'indietro, e attraverso il meccanismo delle detrazioni fiscali grava sulla comunità quasi come la quota pro capite del fondo nazionale» - afferma Bindi. 

Critica, l'ex ministro della Sanità, anche sul "regionalismo differenziato" chiesto da Lombardia, Veneto e Piemonte. «Se in tempi di crisi la soluzione, per le Regioni che stanno meglio, è cavarsela da sole, abbandonando le altre su temi centrali come la salute e la scuola, si innescheranno solo rabbia e ribellione: il nostro Paese non se lo può permettere»*.

*articolo Bresciaoggi, sabato 9 marzo


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