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"Respinto dall'Europa e dalla Libia..."

Un passo tratto dal primo libro dell'Eneide ci ricorda di come le migrazioni da guerre e fame siano un fatto tragico e antico che tocca in modo uguale i popoli di ieri e di oggi


In questi giorni sta circolando in rete una fotografia di uno striscione che riporta questo significativo passo tratto dall’Eneide (libro I, 384-385). 

«Io stesso, ignoto, derelitto, percorro i deserti della Libia
respinto dall’Europa e dall’Asia»

Siamo all’inizio del poema virgiliano: Enea fugge dalla città di Troia, caduta dopo una guerra durata dieci anni. Nell’iconografia classica viene raffigurato con il figlio Ascanio per mano e sulle spalle il vecchio padre Anchise; dietro di sé una città in fiamme a cui non potrà tornare. Attorno a Enea un gruppo di esuli che partono con venti navi per un viaggio verso l’ignoto in balia dei «fati»: ai «fati» hanno «aperto le vele», hanno «lasciato piangendo» le spiagge «dove Troia fu» (inizio del III libro), accompagnati dalla costante malinconia per ciò che sono costretti ad abbandonare. 

«Con venti navi di Frigia mi misi per mare,
la madre dea mostrando la via, seguendo i miei fati:
sette sole mi restano, malconce dal vento e dall’onde»

Una vicenda che affonda le radici nel mito, ma che - come accade con tutti i classici - ci interroga in maniera vivida e sembra parlarci di fatti che leggiamo ogni giorno sui giornali. Ci pare quindi significativo riprendere questo passo virgiliano e forse occorre aggiungere anche un ulteriore dettaglio: l’Eneide nasce per diretta volontà imperiale, un vero e proprio monumento propagandistico per celebrare la grandezza di Roma attraverso un mito fondativo.

Dovrebbero ricordarlo anche coloro che fino a ieri gridavano “Roma ladrona”, ma ora siedono con disinvoltura nei suoi palazzi. Dovrebbero ricordarlo coloro che continuano a ripeterci che “sono al governo solamente da 30 giorni” e nel frattempo non fanno altro che propagandare la paura per il "diverso". Ebbene, noi sappiamo bene che Roma non fu fatta in un giorno, ma occorre anche ricordare che fu un gruppo di profughi a fondarla. 

Camera del Lavoro di Brescia

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