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Quelle lavoratrici anima del presidio

«Finché stiamo insieme ci teniamo su il morale, ma a casa...». Sono soprattutto donne e madri le lavoratrici in presidio permanente alla Invatec: Italiane, rumene, argentine, moldave, ucraine. Ecco alcune delle loro storie


«Io non mollo». Sotto il sole cocente del pomeriggio, davanti ai cancelli della Invatec Medtronic, ci sono i dipendenti in attesa che arrivi Di Maio. Donne, in grande maggioranza. Tutte con la maglietta bianca e quella scritta sul petto. Sulla schiena, invece, il nome di battesimo e la provenienza: Brescia, Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia, Napoli, Caserta, Ucraina, Moldavia, Croazia, Argentina. Romania. Un bel pezzo di mappamando. All’ombra dei gazebo giocano i figli, anche loro con la maglietta: «La mia mamma non molla». Sotto un albero, in gruppo, ci sono Concetta, Tiziana e Jessica. Biografie diverse accomunate dalla stessa preoccupazione per il futuro: «Lottiamo anche per figli e nipoti». Concetta è originaria di Caserta, lavora alla Medtronic da 14 anni, reparto stampi. L’azienda biomedicale produce cateteri cardiologici. Tiziana è bresciana, si occupa della selezione dei palloncini; alle spalle 15 anni di Medtronic. Jessica, argentina, è qui da 12 anni. «Il lavoro - rivendicano - è un nostro diritto. Questa non è un’azienda in fallimento, produce utili. Ci abbiamo sempre messo grande passione, ci ripagano così».

Il presidio, 24 ore su 24, sta entrando nella quarta settimana. «Fin che stiamo qui, fra noi operaie, riusciamo a tenerci su il morale, ma quando andiamo a casa ci viene il magone. Pensi che ci sono anche marito e moglie che rischiano il posto». Concetta e Tiziana sono fra le operaie che da 11 mesi hanno ridotto orario e lavoro (tre settimane in fabbrica, 380 euro in meno) per tutelare l’occupazione. «Ci sentiamo prese in giro dall’azienda».

Eppure «qui si lavorava bene fino all’annuncio della chiusura, anche tre turni al giorno». Al momento dell’assunzione, confessano, «pensavamo di essere a posto fino alla pensione, in una ditta solida e all’avanguardia dal punto di vista tecnologico». Nel 2011 il primo annuncio di esuberi. «Portano la produzione dove il lavoro costa meno», lamentano. «Ma noi cosa siamo, della merce senza valore?». Verso le operaie in lotta c’è solidarietà. «La sentiamo concretamente da parte dei lavoratori delle altre aziende qui intorno». Una operaia si avvicina e mostra al cronista un cartoncino della Medtronic «La nostra missione». Le ultime frasi: «Riconoscere il valore personale dei dipendenti offrendo un ambiente di lavoro che permetta la soddisfazione personale nel lavoro compiuto». E poi «mantenere una presenza sociale come azienda». L’operaia sorride amara: «È così che rispettano la mission?»

*Giornale di Brescia - domenica 1 luglio

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