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«Più vicini ai lavoratori». Intervista al segretario generale della Flai Cgil di Brescia Alberto Semeraro

Lo stato di salute dell'organizzazione è buono ma le sfide per la Flai Cgil sono ancora tante. «Dobbiamo essere sempre più vicini ai lavoratori, farli sentire meno soli», afferma il segretario generale della Flai Cgil pensando alle campagne nelle vigne, alla legge sul caporalato, alle regole da mettere nella grande distribuzione o alle pensioni di domani. Non dimenticando, peraltro, che l'innovazione tecnologica avrà conseguenze anche nell'agroindustria»


Alberto Semeraro, com'è lo stato di salute della Flai a Brescia?
«Direi buono. Chiudiamo il tesseramento in attivo, con più tessere rispetto allo scorso anno, e direi che questo è un buon sintomo di vitalità. Abbiamo sei persone negli uffici per rispondere alle domande dei tesserati, sul territorio siamo presenti in ben quindici sedi della Camera del Lavoro. Uno sforzo enorme, ma apprezzato».

E a livello nazionale?
«Buoni risultati anche su questo fronte. La legge 199 sul caporalato dello scorso anno è il risultato di una campagna articolata della Flai Cgil. Non era scontato arrivare a quella legge, forse non è la legge che avremmo scritto noi direttamente, ma sicuramente è un buon risultato. Ma, passata un po' in sordina ma molto importante, è stata anche l'intesa raggiunta per vietare la doppia asta al ribasso nella grande distribuzione».

Doppia Asta? Di cosa si tratta?
«In pratica la grande distribuzione fa un'asta per l'acquisto di prodotti. Poi, sceglie i quattro più bassi e tra questi fa una nuova asta. Un gioco al massacro, soprattutto per i piccoli produttori, che portava a uno strangolamento dei prezzi e alla riduzione dei margini a livelli insostenibili, con effetti ovviamente sulle condizioni di chi lavora. Con l'intesa raggiunta si decide che non ci sarà la seconda asta, questo almeno quanto concordato con la gran parte dei grandi marchi della distribuzione».

Da alcune settimane è anche stata avviata una campagna specifica sulle pensioni nel lavoro agricolo.
«Sappiamo, anche se la trattativa è ancora in corso, che il lavoro agricolo è stato inserito nella lista di quelli usuranti, cosa che evita l'innalzamento dell'età pensionabile automatico voluto dalla legge Fornero. Non basta ovviamente, ci sono problemi specifici che meritano attenzione. Molti lavoratori agricoli sono stagionali, il che significa che hanno periodi di disoccupazione e contributi figurativi che però non valgono ai fini della pensione anticipata. In pratica un anno di lavoro non vale un anno ai fini del calcolo della pensione. Questo sposta in avanti in modo feroce l'età per aver diritto ad andare in pensione, obbligando le persone nei campi fino a 70 anni. Una cosa chiaramente insostenibile: con l'inserimento degli agricoli tra i lavori usuranti si risolve un pezzo del problema, ma non tutto».

La contrattazione come sta andando?
«Siamo in fase di rinnovo di diversi contratti aziendali: Centrale del Latte, Ambrosi, Gandola Eurocream e biscotti solo per citarne alcuni. Abbiamo presentato piattaforme equilibrate, non velleitarie, mi sembra di aver percepito fiducia nei nostri confronti da parte dei lavoratori. Adesso attendiamo risposte dalla controparte».

Negli ultimi anni la Flai bresciana si è impegnata molto per portare diritti e tutele durante la raccolta dell'uva.
«Quest'anno c'era poca uva e per cui anche meno persone che hanno lavorato nelle vigne, però l'impressione è che le condizioni di lavoro siano migliorate rispetto agli anni passati. C'erano cappellini, bottiglie d'acqua gratuite: cose normali si dirà, ma in passato non c'erano. Ora invece iniziano a esserci e questo, credo, sia anche merito della campagna che abbiamo fatto come Flai di Brescia in questi anni. Abbiamo riportato attenzione sulle condizioni di lavoro, abbiamo portato acqua e cappellini, abbiamo incontrato lavoratori e abbiamo detto loro che avevano anche dei diritti.

Non è poco.
«Direi proprio di no. Con la nostra campagna nelle vigne del Franciacorta, che continuerà anche in futuro sia chiaro, abbiamo riportato al centro la persona, il lavoratore. E, usciti dai tecnicismi, forse abbiamo fatto anche in modo che il lavoratore si sentisse meno solo. Un'iniziativa che è piaciuta non solo a Brescia: lo dico con un pizzico di orgoglio, ma voglio ricordare che la nostra campagna bresciana è stata replicata nelle modalità (bottigliette d'acqua con foglio dei contatti Flai, cappellini, etc) anche dalla Flai nazionale nelle vigne di molte altre zone d'Italia, in particolare nella raccolta di pomodori in Puglia, territorio dove il caporalato è assai diffuso».

Tanti risultati, ma ci sarà qualcosa in cui la Flai può migliorare...
«Elenco lungo di cose da fare, ci mancherebbe. Uno dei grossi problemi che riscontro è quello della lungaggine estrema nei pagamenti della disoccupazione agricola e della cassa mutua per la malattia. Non è colpa nostra, ci sono leggi da un lato e altri enti dall'altro che rallentano la pratica. Ma anche noi, nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa e, a volte, presi da mille incombenze, abbiamo difficoltà a capire il disagio che tanti lavoratori provano, schiacciati in questa macchina burocratica. I soldi arrivano, ma con mesi di ritardo e noi, che siamo l'ultimo terminale ma anche quello che ha il contatto diretto con i lavoratori, dovremmo velocizzare le risposte, sollecitando l'Inps o la cassa mutua. Riuscire a farlo sarebbe già un buon risultato».

Industria 4.0 è il tema del momento: effetti in agricoltura?
«Presto per dirlo, ma nel bresciano ci sono realtà consolidate - penso a Bellavista o Cà del Bosco solo per citarne alcune - che l'innovazione ce l'hanno sempre avuta nel sangue, indipendentemente dal 4.0. La riflessione è più generale: l'automazione portata all'estremo può portare a una riduzione di considerazione del lavoro umano. Questo significa anche un cambio di passo per l'organizzazione sindacale, per il modo stesso di intendere il sindacato. sapendo che due cose non cambieranno: stare dalla parte dei lavoratori e contrattare le migliori condizioni possibili, anche nell'azienda che cambia. Perché sì, tante cose stanno cambiando, ma sicuramente non la necessità di una rappresentanza collettiva dei lavoratori».

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