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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

Lavoratrici appalti scolastici, i sindacati si appellano ai parlamentari

Senza reddito nei mesi estivi, senza ammortizzatori sociali, senza assegni famigliari, discriminate nell'accesso alla pensione: fate qualcosa per le lavoratrici degli appalti scolastici, 1200 delle quali solo a Brescia. L'invito - in concomitanza con l'avvio della discussione sulla Legge di Stabilità 2018 - è fatto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Uil Trasporti di Brescia in una lettera appello ai componenti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato. I sindacati ricordano che già a luglio si era tenuta una iniziativa di sensibilizzazione davanti alla prefettura di Brescia.


Senza reddito nei mesi estivi, senza ammortizzatori sociali, senza assegni famigliari, discriminate nell'accesso alla pensione: fate qualcosa per le lavoratrici degli appalti scolastici, 1200 delle quali solo a Brescia. L'invito - in concomitanza con l'avvio della discussione sulla Legge di Stabilità 2018 - è fatto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Uil Trasporti di Brescia in una lettera appello ai componenti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato. I sindacati ricordano che già a luglio si era tenuta una iniziativa di sensibilizzazione davanti alla prefettura di Brescia (nella foto: un momento della protesta sotto il Broletto). In quell'occasione i sindacati avevano scritto una lettera ai parlamentari bresciani, ricevendo da Pd, Cinque Stelle e Mdp Articolo Uno la disponibilità ad affrontare il problema. «Ora - osservano i sindacati - la discussione sulla legge di stabilità e' un'opportunità concreta affinché il parlamento dimostri concretamente di venire  incontro alle esigenze di queste lavoratrici».

«Sono donne che quotidianamente garantiscono nelle scuole italiane di ogni ordine e grado i servizi di ristorazione, ausiliariato, pulizie e assistenza alla persona - si ricorda nella lettera ai componenti le Commissioni Lavoro -. Sono in stragrande maggioranza lavoratrici con contratti part-time che spesso non arrivano alle 15/20 ore a settimana, dipendenti da aziende o cooperative cui le amministrazioni comunali o lo Stato hanno appaltato servizi indispensabili per la funzionalità delle scuole».

 

Svolgono un lavoro essenziale ma sono lavoratrici povere che, nella maggior parte dei casi, non usufruiscono neppure dei famosi "80 euro di Renzi" non arrivando neppure a 8mila euro annui di stipendio. Nei mesi estivi, durante la sospensione scolastica, sono prive di reddito e di assegni famigliari e, contrariamente a tutti gli altri lavori italiani, non possono accedere alla NASPI (indennità di disoccupazione) quando sono incolpevolmente prive di lavoro. 

Non bastasse, queste lavoratrici sono anche penalizzate per l'accesso alla pensione. «Infatti a loro - continua la lettera appello dei sindacati - l'Inps non considera per il diritto all'accesso alla pensione 52 settimane all'anno, ma solo 40 o 44 a seconda che svolgano la loro attività nelle materne o nelle scuole elementari. Una lavoratrice part-time con 15 ore di lavoro settimanale impegnata nei servizi scolastici nelle elementari per ogni anno di lavoro non si vede riconosciute ne le 52 settimane , ne le 40/44 lavorate, ma solo 29. Significa che per maturare i 20 di contributi utili per accesso alla pensione deve lavorare 36 anni».
Questa situazione contrasta con la normativa europea (direttiva 97/81/CE) relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale né ala successiva sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2010 che ha affermato il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno. il che significa che l'anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione sia calcolata per il lavoratore a tempo parziale come se egli avesse occupato un posto a tempo pieno.

Il mancato adeguamento alla direttiva europea sta esponendo l'INPS a ricorsi e vertenze che vedono riconoscere alle lavoratrici i periodi di sospensione e costringono l'INPS a pagare le spese legali. A oggi solo in lombardia sono oltre 1700 le lavoratrici che stanno attivando il percorso legale per il riconoscimento dei periodi di sospensione. «Non si comprende perché il governo non intervenga - sottolineano i sindacati -, adeguando la normativa italiana alla direttiva europea».

Filcams Cgil Brescia

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