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Centro non vedenti a rischio chiusura. «Cambiare le norme in Regione»

Promossa da Fp Cgil e Fp Cisl, affollata assemblea sabato nella sede dell'ente in via Sant'Antonio a Brescia. Il servizio rischia di andare in crisi: non solo i 32 lavoratori assunti, ma anche i 153 alunni seguiti, inseriti in 127 scuole di 75 differenti Comuni della provincia


Un servizio del territorio, costruito con impegno e sapienza in 40 anni, deve diventare esempio per le altre province o deve adeguarsi a standard più bassi? La strada intrapresa dal Centro non vedenti pare essere la seconda, non per volontà dell’ente, ma perché così ha voluto la Regione Lombardia. La vicenda è nota da mesi ed è tutt’altro che risolta, come dimostra l’affollata assemblea che si è tenuta sabato nella sede di via Sant’Antonio. Promossa e coordinata da Cgil e Cisl della funzione pubblica, l'assemblea ha dato voce a genitori, lavoratori, utenti.

Che si tratti di un’eccellenza è fuori di discussione. Lo racconta la mamma di una bambina con una disabilità visiva grave che, grazie al centro, si è appassionata alla didattica e si sta aprendo alla vita sociale. O il papà di Massimo, cieco assoluto dalla nascita e con gravi problemi all’udito, che è della provincia di Milano ma il figlio ha deciso di farlo studiare a Brescia perché, «rispetto al servizio offerto nel Milanese, simile alle attuali linee guida della Regione, qui non c’è paragone». Di questo si sta parlando, insomma: di genitori soddisfatti di un servizio, di un centro che riesce ad essere attrattivo addirittura a livello nazionale e che ora si trova in difficoltà per questioni di delega sulla disabilità (passata dalla Provincia alla Regione) e di nuovi standard al ribasso.

Il servizio rischia di andare in crisi: non solo i 32 lavoratori assunti, ma anche i 153 alunni seguiti, inseriti in 127 scuole di 75 differenti Comuni della provincia. Per quest’anno, con non pochi problemi, è stata messa qualche pezza e il servizio è potuto partire, ma la corsa è contro il tempo perché il 2018 è vicino e con esso la possibilità di modifica o meno delle linee guida, con relativo riconoscimento della specificità e dell’eccellenza bresciana in questo settore, e delle risorse da stanziare. Ieri c’erano anche politici (i consiglieri regionali Girelli e Busi e il deputato Bazoli) e istituzioni. «Noi faremo il possibile - ha detto il presidente della Provincia Mottinelli -, ci mettiamo risorse proprie ma non abbiamo più la delega». Sulla disabilità, in generale, la Provincia spende sei milioni di euro all’anno: 2,9 arrivano dalla Regione, 3,1 sono risorse proprie.

«Continueremo a farlo - ha sottolineato Mottinelli -, ma in difformità rispetto alla delega». E la cosa non è nemmeno così semplice perché, tornando al Centro non vedenti, ora ci sono procedure burocratiche differenti, cooperative che si accreditano per il servizio e dare soldi all’uno e non all’altro può non essere così lineare. Il sindaco Del Bono ha ricordato che la questione del Cento non vedenti si inserisce in tagli generali ai fondi per la disabilità. «Per Brescia abbiamo stimato saranno 600 mila euro in meno». Da parte sua una sottolineatura: «La battaglia che stiamo facendo è istituzionale, non politica». Con questo spirito è da leggere il documento dei 15 sindaci di città e hinterland inviato nei giorni scorsi in Regione e l’iniziativa che sta portando avanti l’Associazione Comuni bresciani. «Facciamo integrazione e inclusione o vogliamo limitarci all’assistenza?», chiedono i sindacati.

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