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Casa a Brescia, il problema resta il lavoro che non c'è

Un nuovo bando del Comune per smuovere il mercato degli affitti a canone concordato. In campo mezzo milione di euro. In calo gli sfratti. L'assessore Fenaroli: «Tanti problemi complicati, gestiti come questione sociale e non come problema di ordine pubblico. Il nodo principale resta la mancanza di lavoro»


Smuovere il mercato degli affitti e rimettere sul mercato alloggi vuoti da troppo tempo non affittati. È questo l’obiettivo dichiarato del nuovo bando ideato dal Comune di Brescia per la promozione della locazione a canone concordato di appartamenti sfitti. Approvato in agosto e presentato ieri a Palazzo Loggia dall’assessore alla Casa Marco Fenaroli e dal capo area Alberto Berardelli, i soldi a disposizione sono oltre 481mila. Fondi regionali derivanti, a cascata, da fondi nazionali. Un bando simile era già stato messo in campo a inizio 2017 ma ha portato a risultati scarsi. Quello presentato ieri, i cui termini per la presentazione delle domande scadono a fine anno, allarga le maglie in misura considerevole per diventare più appetibile per i proprietari. In pratica il reddito Isee massimo degli inquilini viene aumentato nel limite massimo, da 15 a 20 mila euro. Il Comune anticipa i soldi al proprietario fino al 30% del canone per i primi tre anni di locazione. Questo significa, ad esempio, che per un affitto di 500 euro mensili, 150 possono essere anticipati dal Comune, 1.800 euro all’anno per tre anni. In cambio il proprietario si impegna ad abbassare il canone concordato di una misura uguale. L’inquilino non paga quindi 500 euro al mese, ma 350 euro. Come ulteriore incentivo, ed è questa la seconda importante novità, al proprietario viene dato un contributo una tantum di 2.500 euro. «Una sorta di garanzia nel caso sorgessero problemi nei pagamenti», spiega Fenaroli. Il proprietario è libero di trovarsi l’inquilino (non viene indicato dal Comune) e di fare in autonomia tutte le verifiche del caso sull’affidabilità o meno del futuro affittuario-. Gli altri requisiti (condizione catastale dell’appartamento, il fatto che questi si trovino sul territorio comunale e che siano immediatamente disponibili per la locazione) restano immutati. Il canone annuo non può superare i 7.200 euro (tutti i dettagli sul sito del Comune: www.comune.brescia.it/servizi/casa). In città, così dicono le stime, ci sono più di 5 mila appartamenti vuoti: non tutti sono destinati all’affitto ma una discreta fetta potrebbe invece esserlo, almeno potenzialmente. Il bando pensa a questi alloggi e a quella fetta di popolazione a reddito medio basso, magari giovane, che o non può permettersi di acquistare l’abitazione in questo momento o vuole restare nel mercato dell’affitto senza svenarsi. Persone che hanno un lavoro e un reddito, che hanno la possibilità di sostenere un affitto e le relative spese di mantenimento dell’abitazione: il bando è pensato per loro e non per la fascia del disagio estremo, verso cui altri sono i provvedimenti. «Gli incentivi ideati sono molto significativi — sottolinea il capo area del settore Casa Alberto Berardelli — per un appartamento affittato l’incentivo potrebbe superare i 6 mila euro nell’arco di un triennio». La media sarà ovviamente più bassa, partendo però da quello zoccolo di 2.500 euro una tantum. In termini assoluti l’intervento potrebbe riguardare realisticamente tra i 100 e i 150 nuovi affitti (quelli attuali a canone concordato sono circa 3 mila in questo momento in città). Non sono molti ma l’obiettivo è smuovere un mercato della locazione ancora troppo fermo. Ma per farlo è necessario ridurre il livello di diffidenza di tanti proprietari, soprattutto piccoli, che in questi anni sono rimasti scottati da affitti non pagati, lasciti di spese condominiali a carico degli inquilini da pagare e via dicendo. La logica del bando è proprio questa: un contributo ai proprietari per ridurre il numero di alloggi sfitti e rimettere in moto la macchina.

in calo gli sfratti in città
Bolla immobiliare, crollo dell’edilizia, crollo del valore degli immobili, sfratti. Se c’è un settore che negli ultimi anni ha vissuto la crisi a tutto tondo questo è proprio quello della casa. Le procedure di sfratto hanno iniziato a lievitare dal 2010, quando furono 564, arrivando fino a 789 solo in città (oltre duemila a livello provinciale) nell’anno record del 2014. Poi hanno iniziato a diminuire: 572 nel 2015, 471 nel 2016, 232 nei primi sette mesi del 2017. «La stima è che a fine anno saranno circa 400», afferma il capo area del settore Casa del Comune Alberto Berardelli. «Non significa che le cose stiano andando molto meglio — osserva Fenaroli — lo dimostrano i casi molto complicati che dobbiamo gestire». Di quella mole di procedure di sfratto, circa un quarto passa dagli uffici di piazzale Repubblica dove i casi vengono analizzati uno per uno. Niente sgomberi violenti, insomma, ma ricerca di soluzioni, e assenza di occupazioni nelle case popolari comunali (2.200) o dell’Aler (2.700). «Abbiamo una sola occupazione - sottolinea l’assessore -, l’appartamento non è nemmeno comunale e la stiamo risolvendo».

intervista all'assessore. «Il lavoro il problema principale»
Fare l’assessore alla casa in anni di crisi che hanno fatto lievitare il numero di persone che non riescono a pagare il mutuo o l’affitto e rischiano di ritrovarsi in strada non è stato semplice. Marco Fenaroli, assessore alla Casa dal 2013, ogni tanto ci scherza su, dice che in realtà lui è l’assessore delle sf... sociali, ma poi si fa serio e rivendica il lavoro fatto. «In questi anni, in città, nelle situazioni che abbiamo dovuto gestire l’uso della forza pubblica non è mai stato necessario e con grande fatica si è sempre riusciti a trovare soluzioni. E di sicuro non abbiamo dovuto aspettare le circolari del ministro dell’Interno dopo i fatti di Roma per adottare un metodo».

Assessore, il suo metodo quale è stato?
«Che quando si parla di casa, si sta parlando di una questione sociale, non di ordine pubblico».

E questo come si è tradotto nella pratica?
«Beh, ad esempio non abbiamo costituito Agenzie per la Casa dandole in mano a soggetti esterni. I problemi abbiamo deciso di gestirli in prima persona. E quando dico questo dico che addetti e funzionari dell’assessorato hanno lavorato per ogni singolo caso che abbiamo dovuto gestire. È stato un lavoro di mediazione continua che ha dato risultati: almeno fino ad oggi le risposte siamo riuscite a darle».

C’è un problema di risorse: pochi soldi, poche risposte.
«Di sicuro c’è anche questo. Gli effetti della crisi del 2008 ci dicono che servono risorse pubbliche e investimenti importanti per la casa, non solo per questo. E sa cosa le dico: che al referendum costituzionale del dicembre scorso ho votato No, ma se i quesiti fossero stati spacchettati, le politiche per la casa le avrei date volentieri al livello nazionale e non più regionale».

Per Brescia la scarsità di risorse cosa comporta?
«Servono risorse nazionali e regionali per la manutenzione degli alloggi, in modo da renderli fruibili in tempi rapidi quando si liberano. Pensare, come è stato fatto, che l’edilizia residenziale si possa autofinanziare con gli affitti è sbagliato. Noi, se il bilancio si aggiusta, qualche soldo in più riusciremo a metterlo».

Altri progetti dell’assessorato in campo?
«A breve presenteremo un progetto sull’emergenza abitativa in senso stretto, pensato per chi si ritrova in strada dopo uno sfratto, non può accedere all’edilizia residenziale pubblica e ovviamente nemmeno a quello privato. Saranno formule di co-housing, nel quale verranno coinvolte anche realtà associative del terzo settore».

Da un paio di anni gli sfratti sono in calo: sta migliorando la situazione?
«No, è un po’ come con i licenziamenti: a un certo punto calano perché le fabbriche hanno chiuso e non c’è più nessuno da licenziare. Quelli che arrivano da noi saranno anche meno, ma sono casi molto complicati».

Casi sociali, appunto.
«Le ho fatto la battuta sui licenziamenti ma è proprio così. Nella gran parte dei casi il problema della casa è conseguenza della perdita del lavoro. Noi possiamo mettere tutte le risorse e tutte le pezze che vogliamo, ma la soluzione passa da lì, dal lavoro e da nuova occupazione. Quando ci sarà nuova occupazione, la casa avrà meno problemi».

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