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Lo ius soli non ha niente a che vedere con le ideologie

L'intervento di Franco Valenti e Clemente Elia (Osservatorio antidiscriminazioni Cgil Brescia) pubblicato sul Giornale di Brescia


Facendo seguito alla lettera dell’on. Vito Crimi, volevamo fornire alcuni elementi di riflessione sul tema della cittadinanza. L’introduzione dello ius soli temperato in Italia non ha nulla a che vedere con le ideologie, ma corrisponde alla presa d’atto del momento storico in cui viviamo. È mero buon senso, oltre che un atto di giustizia e civiltà, dare alle nuove generazioni che da anni nascono e crescono in Italia, o vi vengono scolarizzate, una dimensione di appartenenza ad un unico contesto socio culturale, già di per sé plurale. E non è aspettando i 18 anni che si matura una presa di coscienza «cittadina», ma sin dall’infanzia e nell’adolescenza si strutturano gli schemi di appartenenza individuando sia le differenze, non solo di genere, che le similitudini.

Diverse centinaia di migliaia di giovani nati e cresciuti in Italia a tutt’oggi «non cittadini», hanno gli stessi diritti sociali dei minori italiani, ma non possono in alcun modo rappresentare l’Italia in sede internazionale sia nello sport che nella cultura, e questo sarebbe ancora il male minore. Il peggio è che lo stigma di straniero, di essere «altro», pur essendo del tutto simili ai coetanei, crea un profondo senso di discriminazione. L’Europa Occidentale ha risolto la questione e legislazioni simili a quella proposta in Italia esistono da tempo in Germania, Francia, Belgio, Olanda, Spagna, Irlanda. Richiedere in questo momento l’unanimità europea sul tema della cittadinanza, come su altri del resto, significa solo evitare di affrontare la questione e rinviare la discussione all’infinito. L’astensione non è, in questo caso, equidistanza, ma una malcelata complicità con quelle forze politiche che sul tema migrazione sgomitano per raccogliere consensi politici.

Che senso ha accostare lo ius soli temperato alle difficoltà legate alla crisi economica vissute dagli italiani? Che fine ha fatto il ruolo «pedagogico» che la politica dovrebbe agire quotidianamente? La discussione sta passando sopra le teste di ragazzi e giovani migranti che aspirano ad entrare a far parte a pieno titolo della società italiana come se nulla fosse, senza ascoltare cosa questi giovani hanno da dire. Si pensa al tornaconto elettorale e non si contribuisce - come invece si dovrebbe - alla costruzione di una società dove il bene comune è espressione di tutte le persone che abitano il territorio.

Franco Valenti - Cgil – Brescia
Clemente Elia - Osservatorio antidiscriminazioni Cgil Brescia

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