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Carta dei diritti, Cgil: andiamo avanti

A Roma in piazza per festeggiare la vittoria su voucher e responsabilità solidale negli appalti la mobilitazione continua sulla Carta per riunificare il lavoro frammentato. In migliaia da tutta Italia, compresa una folta delegazione bresciana, dal palco le testimonianze dei lavoratori e delle lavoratrici. «Il Parlamento discuta la nostra proposta. Vogliamo cancellare la precarietà. Non smobilitiamo». Cronaca e galleria fotografica


«Abbiamo riportato il lavoro al centro, ora andiamo avanti». È stata una piazza in festa oggi quella romana, dove c'è stata la manifestazione nazionale della Cgil per festeggiare il risultato sui quesiti referendari e per affermare che la questione dei diritti nel lavoro è tutt'altro che conclusa.

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I bresciani a Roma

 

Dalle 14 è partita la live music, con Med Free Orkestra e Modena City Ramblers, Dj Mondocane, con la presentazione di Natascha Lusenti e Dario Vergassola. Ha concluso il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Grande affluenza da tutta Italia: lavoratori, giovani, donne e studenti si sono ritrovate in piazza da molte Regioni della penisola.

LA VOCE DEI LAVORATORI

Sul palco della capitale si alternano molti lavoratori, che raccontano la loro condizione. Come Sonia, addetta di Sky: "La nostra azienda non è in crisi, è un'impresa che guadagna miliardi. Malgrado ciò la proprietà licenzia i lavoratori di Roma, ovvero li trasferisce a Milano che per molti è un licenziamento mascherato. Dopo tanti anni di impiego ci fa sentire inutili. La nostra è anche una vicenda emblematica di come la politica italiana appoggia le grandi aziende e non i lavoratori: i diritti quindi ce li dobbiamo riconquistare da soli". 

Poi è stata la volta di Fabrizio, 32 anni, precario Irccs, centro di ricerca a carattere scientifico: “Siamo in 4.000 in queste condizioni – ha detto rispondendo alle domande di Vergassola –. Sono sposato, faccio parte di quei ‘pazzi’ che anche senza contratto si buttano in un progetto di vita”. La situazione di questi lavoratori, sembra un paradosso, è peggiorata da quando sono state bandite le collaborazioni: “Bene – ha sottolineato – peccato però che nessuno ha ancora capito cosa fare. Per ora abbiamo contratti che scadono il 31 dicembre del 2017, poi non si sa. Per noi è come mettere una data di scadenza alla ricerca pubblica in Italia”.

Tra i lavoratori intervenuti anche Regina, studentessa di giurisprudenza di Foggia: “Non voglio fuggire, vorrei rimanere in Italia. Ma sono ansiosa, spaventata e, soprattutto, arrabbiata: perché noi giovani abbiamo assistito allo smantellamento dei diritti non solo nell’università e nella scuola, ma anche nel lavoro”. Poi, ha aggiunto, “con il 40 per cento di disoccupazione giovanile e contratti precari la mia generazione è in un limbo: prenderò una laurea, ma non so se potrò avere un lavoro, una vita normale e una pensione. Per questo bisogna continuare a lottare per i diritti”.

Così Roberta, operaia metalmeccanica di Bologna: "Ho 50 anni e sono in catena di montaggio, il mio è un lavoro usurante. Per fortuna lavoro in un'azienda con un buon rapporto col sindacato, ma oggi i nuovi assunti hanno molti meno diritti di noi. Ho cominciato a fare l'operaia a 19 anni, la mia azienda precedente è fallita e ho dovuto cercare lavoro a 38 anni. Quest'anno abbiamo firmato il contratto nazionale unitario, dopo anni, che è molto importante perché tutela i lavoratori: ai nuovi arrivati bisogna cercare di dare gli stessi diritti".

Poi microfono a Vania, dipendente dell'Inail di Pesaro: "Negli anni il settore pubblico, per colpa delle campagne dei governi Berlusconi con Brunetta, viene percepito come privilegiato. In realtà noi siamo il pilastro dello Stato: le campagne contro di noi negli anni da una parte hanno ridotto i nostri diritti, dall'altra hanno colpito i servizi ai cittadini. Per questo la proposta della Cgil della Carta dei diritti diventa essenziale".

 

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