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Per Un'Europa unita, sociale e democratica

Il sessantesimo dei Trattati di Roma, Durante (Cgil): necessario invertire il corso attuale della politica economica dell'Unione Europea, unico antidoto per contrastare i populismi


Unita e solidale: l'Europa può, anzi deve, tornare ad esserlo. In occasione del sessantesimo anniversario della firma a Roma dei Trattati istitutivi dell'Unione europea molte associazioni della società civile, tra cui in prima fila la Cgil, si sono mobilitate per organizzare momenti di incontro, di riflessione, di presenza pubblica al fine di rilanciare un'altra idea dell'Europa, diversa da quella che si è affermata negli ultimi anni, segnata dalle politiche neoliberiste, dal rigore e dall’austerità.

È una ricorrenza importante, questa del sessantesimo, e “c’è un clima di attesa per la solennità dell’evento”, spiega Fausto Durante, responsabile relazioni internazionali della Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1: “Ci riporta all'atto fondativo della Comunità europea, e quindi a uno dei momenti fondamentali della storia recente del nostro paese. Ma allo stesso tempo

c'è la consapevolezza che bisogna fare di tutto perché non sia solo una celebrazione retorica e vuota e soprattutto che sia il momento in cui i capi di Stato e di governo, che si riuniranno a Roma sabato mattina, prendano atto che esiste un’agenda sociale per l'Europa, che ci sono proposte concrete da parte del movimento sindacale e dei portatori di interesse e che queste proposte chiamano in causa la necessità di invertire il corso attuale della politica economica e sociale in Europa”.

Gli ultimi dieci anni di Commissione Barroso, e le attuali “politiche di Juncker e dei suoi commissari” – precisa Durante – sono stati segnati dalla “politica di contrazione della spesa, dalla riduzione della dimensione pubblica, dalla messa in discussione di ciò che è stata la fortuna dell'Europa: ossia il suo modello sociale”. “È questo corso – prosegue il responsabile Cgil – che sta portando l'Europa al deperimento e all'appannamento della sua missione. Per questo speriamo di poter portare il nostro punto di vista, come Cgil, come movimento sindacale italiano, come Confederazione europea dei sindacati, e che sia l'occasione perché la politica si interroghi sui suoi errori, sulle sue responsabilità e sulle sfide nuove che ha davanti a sé per evitare che l'Europa divenga un incubo e non più il sogno in cui abbiamo tutti creduto”.

Durante ricorda che “l'Europa ha avuto una forza di coesione e di attrazione fortissima per i suoi cittadini proprio per le caratteristiche del disegno che ne era alla base: nazioni e popoli che si sono combattuti per decenni, per secoli, che in 60 anni hanno trovato nella dimensione comunitaria il luogo e la sede per appianare e risolvere i contrasti, i conflitti economici e politici”.

Europa e neoliberismo
“La portata straordinaria di questo disegno” non può essere distrutta per “una mera ragione di natura ideologica, perché oggi il neoliberismo ha davvero assunto i contorni del pensiero unico in economia e in politica. Ma non è possibile per una miopia da pensiero unico affossare questo grandissimo sogno di libertà e di democrazia”.

Durante ricorda che “uno dei primi passi per unire anche i lavoratori in Europa fu la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, la Ceca”. Negli anni cinquanta si diede vita a “un grande sforzo sociale per fare in modo che la ristrutturazione dell'industria siderurgica e del carbone che investiva i principali paesi europei avvenisse senza lasciare sul campo morti e feriti, ossia i lavoratori e gli impianti di estrazione di carbone e di lavorazione dell'acciaio. Fu avviato un piano europeo – spiega Durante – per dare ai lavoratori, i cui posti venivano soppressi, sussidi, integrazione al reddito, riconoscibilità e dignità sociale, corsi di formazione e riqualificazione, la possibilità di acquistare una casa. Quello è il modello sociale, il compromesso felice, virtuoso tra ragioni dell'impresa, ragioni del lavoro e governance politica ed economica di una comunità”. Se l'Europa “riscopre questa forza della dimensione sociale noi forse possiamo invertire la tendenza al declino e provare, prospettare un nuovo inizio per l'Unione europea”.

Ma in questi anni è accaduto l’esatto contrario, “basti pensare – prosegue Durante – al fatto che autorità non democraticamente elette, non espresse in maniera trasparente, come la cosiddetta troika, hanno avuto la possibilità di imporre a governi e parlamenti liberamente eletti dai cittadini, penso soprattutto al caso eclatante della Grecia, misure economiche e politiche che hanno affamato un popolo, azzerato diritti sociali e reso vana la contrattazione collettiva e il percorso di conquista di diritti e condizioni contrattuali e hanno provocato il disastro sociale che sappiamo. Un disastro sociale che, paese dopo paese, si sta pian piano estendendo al resto dell'Europa”.

Europa in crisi democratica
Ma “la crisi dell'Europa è anche e soprattutto una crisi democratica: i cittadini – commenta Durante – si sentono sempre meno partecipi del processo decisionale europeo, avviene una specie di cortocircuito per il quale l'unico organismo europeo eletto direttamente dai cittadini, ossia il Parlamento, è quello nell'architettura istituzionale dell'Europa che ha meno potere, sovrastato dal ruolo del Consiglio e della Commissione. Quindi per evitare questo cortocircuito bisogna ripristinare un meccanismo di partecipazione diretta dei cittadini attraverso le rappresentanze elettive. Il Parlamento europeo deve diventare la sede decisionale per l'Europa”.

Sul piano delle politiche economiche – prosegue Durante – “bisogna fare rapidamente alcune cose essenziali. La prima è quella di cominciare a coordinare le politiche economiche dei paesi che hanno la stessa moneta. Non può esistere una moneta senza uno Stato che la difenda, la governi, la diriga. Quindi dobbiamo fare in modo che i paesi che condividono l'euro abbiamo in comune politiche economiche, politiche fiscali, politiche di bilancio altrimenti continueremo ad avere una asimmetria nella gestione della moneta che non ci aiuta”. In secondo luogo occorre “rilanciare il progetto federale, il che significa evitare che vincano lo scetticismo, il populismo, la xenofobia, i fenomeni di fascismo che ritornano a prendere piede in Europa. Lo possiamo fare se facciamo in modo che l'Europa torni a essere governata e diretta in modo democratico e trasparente” e garantendo “la partecipazione democratica”.

Il 24 marzo, al mattino, è previsto un vertice sindacale con la partecipazione di Cgil, Cisl e Uil al massimo livello, ossia i tre segretari generali; seguirà nel pomeriggio un summit sociale tripartito con le organizzazioni sindacali e datoriali ospitato dal presidente del Consiglio Gentiloni, che vedrà anche la partecipazione del presidente Juncker. Sarà resa pubblica una dichiarazione congiunta dei sindacati e delle organizzazioni datoriali sul futuro dell'Europa, che verrà presentata al summit.

Questi appuntamenti, per Durante, “hanno un valore importante dal punto di vista della reciproca riconoscibilità degli interlocutori. L'Europa si fonda su un modello sociale che prevede il dialogo tra le rappresentanze portatrici di interessi diversi. È un modello che, fino a quando è stato praticato virtuosamente, ha funzionato e ha permesso all'Europa di diventare l'area del mondo in cui meglio si sono conciliate le ragioni di chi lavora e le ragioni di chi fa impresa, oltre ovviamente alle ragioni degli Stati e dei governi che regolano questo rapporto”.

Prosegue Durante: “È importante che si svolga anche un vertice sociale tripartito con la presenza del primo ministro svedese. Non dobbiamo dimenticare che nella seconda metà del 2017 il governo svedese ha proposto di organizzare a Stoccolma un summit dei capi di Stato e di governo dell'Unione europea esclusivamente dedicato alla dimensione sociale. Ed è molto importante che nella dichiarazione finale ci sia un riferimento esplicito alla necessità di costruire un pilastro europeo dei diritti sociali. Si tratta di vertici che hanno un carattere simbolico e celebrativo, ma stiamo cercando di fare in modo abbiano anche una ricaduta in termini pratici”.

Infine sabato 25 marzo appuntamento alle 11:00 a Piazza Vittorio, a Roma, per la manifestazione della società civile sostenuta dai sindacati italiani con la partecipazione delle delegazioni sindacali europee, guidate da Luca Visentin, segretario generale della Ces: anche la presenza in piazza ha un significato per chi si ritiene oggi ancora radicalmente europeista. “Una presenza – spiega Durante – per testimoniare che c'è un'altra idea dell'Europa, non può essere solo quella della banca e della finanza, della moneta, dei mercati, c'è un'idea di cittadinanza attiva, c'è un'idea di partecipazione democratica al processo decisionale, anche per opporsi alla deriva che vede confrontarsi i nuovi populismi, i nuovi fenomeni di liderismo che hanno premiato forze euroscettiche e antieuropeiste”.

Non deve prevalere – conclude il responsabile Cgil – “il messaggio distruttivo e senza prospettive di chi predica di uscire dall'Europa e dall'euro pensando di risolvere, attraverso il ritorno nei confini nazionali e in una dimensione autarchica, i problemi dell'Italia. Nessun paese europeo ce la può fare da solo a competere nella nuova dimensione globale del XXI secolo. Dobbiamo continuare a stare insieme. Non possiamo cedere né alle sirene degli antieuropeisti populisti, né alle sirene di chi propugna il ritorno a una dimensione nazionale”.

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