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Tessili, il 13 gennaio sciopero per il contratto

Miceli (Filctem Cgil): «Il salario si negozia e non si registra. Siamo e restiamo convinti del fatto che i tessili debbano costruire un proprio modello di relazioni industriali. Non è possibile importare da nessun’altra parte le scelte fondamentali del contratto»


«C’è bisogno di costruire un contratto che abbia coordinate chiare. Il salario si negozia e non si registra, non è una sede inerte che raccoglie la registrazione degli aumenti in busta paga e le disposizioni di legge. Se hanno in testa questa cosa, non ci saranno spazi per fare il contratto». A dirlo è il segretario generale Filctem Cgil Emilio Miceli, intervenendo mercoledì 21 dicembre 2016 a Milano all’Assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori del settore tessile-abbigliamento, in lotta per il rinnovo del contratto nazionale scaduto il 31 marzo scorso, che vede interessati oltre 420 mila addetti.

L’Assemblea dei delegati ha discusso la situazione della trattativa, ora ferma per l’irricevibile posizione dell'associazione degli imprenditori (Smi-Confindustria) di non anticipare più gli aumenti sui minimi contrattuali sulla base di previsioni, ma di pagarli “ex post”, ovvero al termine di ogni anno, invece di anticiparla nell'aumento in busta paga come prevede l'attuale modello contrattuale. E ha proclamato una giornata di sciopero generale il 13 gennaio (compreso il settore calzaturiero), con manifestazione nazionale a Firenze durante Pitti Uomo.

Siamo e restiamo convinti del fatto che i tessili debbano costruire un proprio modello di relazioni industriali. Non è possibile importare da nessun’altra parte le scelte fondamentali del contratto

ha aggiunto il segretario Miceli: «E’ di diverso avviso la nostra controparte, la quale con un atteggiamento sostanzialmente rinunciatario e appiattito su Confindustria immagina che la buona scuola ultra decennale delle relazioni industriali dei tessili possa essere svilita copiando il proprio modello». In un settore dove solo negli ultimi cinque anni sono stati persi oltre 100 mila posti di lavoro, la situazione si fa sempre più critica. Soprattutto a Milano, come ha raccontato il segretario generale Filctem del capoluogo lombardo Alberto Motta. «Proprio in questi giorni purtroppo ci sarà la chiusura definitiva della sede milanese di Cavalli, che è stata preceduta da altre crisi e da altre chiusure» ha spiegato: «Il contratto oggi è fondamentale, la chiusura totale delle nostre controparti è inaccettabile, dovrebbe prevalere il buon senso. Lo diciamo da una città come Milano, che giustamente viene considerata da tutti capitale della moda e che invece paga un prezzo durissimo in termini di crisi, delocalizzazioni, mobilità e licenziamenti».

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