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L'INTERVENTO

Il giustizialismo alla bresciana e l'uso della carcerazione preventiva


Pubblichiamo, di seguito, l'intervento del Consiglio direttivo della sezione di Brescia della Camera Penale della Lombardia Orientale.

30 novembre 2016 - Il consiglio direttivo della sezione di Brescia della Camera Penale della Lombardia Orientale sente il dovere di intervenire a margine della drammatica vicenda che ha visto un 32enne rumeno trascorrere in carcere più di 40 giorni da innocente, con l’infamante accusa di avere violentato una signora 87enne di Castelcovati che, invece, si era inventata tutto. Il Dna rinvenuto sulle lenzuola del letto della donna è successivamente risultato non appartenente all’uomo, ma ad un vicino di casa della signora che avrebbe accompagnato l’anziana a presentare la denuncia e che avrebbe avuto una relazione intima con lei. Tutto è bene quel che finisce bene - si potrebbe dire.

"E invece no! Non va per niente bene, a cominciare da come la notizia relativa all’arresto è stata presentata su alcuni organi di stampa, che non hanno avuto alcuna esitazione nell’additare l’uomo di fronte all’opinione pubblica come se fosse già stato dichiarato colpevole, senza che fosse stato ancora celebrato il processo in un’aula giudiziaria".

Non va bene affatto né che la presunzione di innocenza sancita dall’art. 27 Costituzione venga così calpestata, né che continui ad imperversare una giustizia mediatica che si ostina ad ignorare che il luogo di accertamento della responsabilità è unicamente il processo in contraddittorio fra accusa e difesa, né che siano propinate come verità assolute le notizie attinte dall’ambiente degli organi investigativi. Così si tradiscono le fondamenta del nostro Stato di diritto, alimentando gli slogan di alcuni politici che hanno auspicato misure estremiste, come la castrazione chimica.

"Non è inoltre accettabile che il procuratore generale abbia commentato un provvedimento cautelare, che per sua natura non contiene alcun accertamento della responsabilità, addirittura dando per scontata l’irrogazione di una pena esemplare".

Da pochi giorni è pubblicato il «Libro bianco sui rapporti fra mezzi di informazione e processo penale» a cura dell’Unione delle Camere Penali, che evidenzia «uno sbilanciamento a favore dell’accusa negli articoli della stampa», in grado di fomentare il giustizialismo già dilagante, senza considerare che quanto accaduto allo sfortunato protagonista della vicenda può capitare ad ognuno di noi, catapultando un innocente in un incubo senza fine. Non va inoltre per niente bene che si abusi dell’utilizzo della custodia cautelare, cioè della carcerazione in attesa del giudizio.

Lo sventurato è stato messo in carcere frettolosamente ed è stato liberato solo una volta giunti i risultati delle analisi del Dna. In uno Stato «di diritto» deve avvenire il contrario: prima si acquisiscono i risultati decisivi delle analisi scientifiche e poi, se ci sono esigenze cautelari, si procede alla applicazione di una misura coercitiva. Se venisse sempre osservata questa basilare regola di civiltà giuridica, l’accusato non subirebbe una ingiusta carcerazione e non sarebbe esposto alla pubblica gogna mediatica.

"Domandiamoci tutti cosa sarebbe successo al cittadino rumeno, ma anche ad ognuno di noi se, per qualsiasi ragione, non fosse stato possibile eseguire il test del Dna".

Forse una lezione, in un mondo pieno di odio alimentato da mille paure, ci viene offerta proprio dal malcapitato che, all’esito della drammatica esperienza carceraria, ha così commentato: «Non so perché s’è inventata che l’ho violentata, ma non sono arrabbiato, la perdono e la rispetto vista l’età».
Lui ha perdonato, ma qualcuno, almeno, gli ha chiesto scusa?

Andrea Cavaliere e il consiglio direttivo della Camera penale Brescia

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