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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

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Ma perché gli operai hanno votato Trump?


11 novembre 2016 - A proposito di sconfitta dei democratici e di analisi del voto degli operai americani sull’Unità di ieri è intervenuto il segretario confederale della Cgil, Fabrizio Solari. (…)Se il mondo del lavoro si schiera per il populismo – scrive Solari - evidentemente siamo noi che non lo abbiamo capito (lo aveva già dimostrato Berlusconi). Ma se anche il Michigan, lo Stato di Detroit e le sue fabbriche, è in bilico significa che l'infatuazione travalica il sottoproletariato, non affascina solo le fasce escluse e meno consapevoli, riesce invece a mantenere compatto il tradizionale voto della destra politica e, assieme, a conquistare tanta parte del voto degli operai sindacalmente organizzati. E il mondo del lavoro che nel cercare una risposta, un motivo, una soluzione, al peggioramento delle proprie condizioni non si rivolge più automaticamente a sinistra. Non significa che diventa di destra, semplicemente sceglie il cambiamento in una logica aberrante del tanto peggio tanto meglio, e questo comporta una riflessione sull'offerta politica della sinistra, in America come in Europa. Bernie Sanders aveva spopolato tra i giovani e tra i lavoratori. Se i democratici avessero scelto lui forse il risultato finale non sarebbe stato molto diverso, ma la eventuale sconfitta di Sanders avrebbe lasciato una base da cui ripartire, mentre il voto di ieri lascia solo macerie. C'è una evidente crisi in campo Democratico ma anche lo stesso partito Repubblicano ha di che riflettere. Se l'offerta politica che la sinistra, o il centro-sinistra, mette in campo appare tanto vulnerabile al punto di non saper mantenere il suo radicamento popolare pone a tutti noi l'esigenza di un ripensamento profondo. Se il mondo del lavoro si schiera con l'avventura populista non possiamo pensare che è il popolo che non capisce, evidentemente siamo noi che sbagliamo. Questo interrogativo riguarda anche il sindacato, sopratutto quello di matrice confederale che esplicitamente non si rivolge solo alla tutela delle condizioni materiali ma ha l'ambizione di un progetto sociale. Il sindacato confederale, in Italia, ha qualche scorta aggiuntiva di anticorpi che gli deriva dal fatto di non essere solo attore nel teatrino della politica, ma ancora radicato sul territorio, presente e vicino ai problemi delle persone, in grado di camminare e sorreggersi sulle gambe di migliaia di militanti volontari che si misurano quotidianamente con le contraddizioni del cambiamento. Ma non si può abusare di questi anticorpi, anche qui occorre chiudere un possibile fossato che rischia di allargarsi tra le cose che diciamo e quelle che realmente riusciamo a fare. Serve una dose alta di idealità unita a tanto pragmatismo, serve misurarsi con il nuovo ed essere aperti al cambiamento, ma occorre anche sapere mantenere aperta la speranza che il nostro destino collettivo non può concludersi solo all'interno di compatibilità date. In fondo questo è sempre stato il ruolo dei progressisti”.

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