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Assegno di natalità, il tribunale di Brescia condanna l'Inps per «condotta discriminatoria»


Con quella di Brescia dei giorni scorsi, sono ormai sei le pronunce di merito che riconoscono il diritto all’assegno di natalità (il cosiddetto bonus bebè) ai cittadini e alle cittadine extra UE con titolo di soggiorno diverso dalla carta di soggiorno di lungo periodo. Nei giorni scorsi il giudice del Lavoro del Tribunale di Brescia ha infatti riconosciuto ad una cittadina bosniaca regolarmente soggiornante in Italia dal 1997 e titolare del permesso di soggiorno per motivi familiari, il diritto al bonus bebè affermando che il disposto normativo che richiede il possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo per l’accesso al beneficio “contrasta con l’art. 12 della direttiva 2011/98”, che stabilisce la parità di trattamento con i cittadini italiani per tutti gli stranieri titolari di un permesso per lavoro o che consente di lavorare nell’accesso a tutte le prestazioni regolate dal Regolamento CE 883/2004 (tra le quali rientrano le prestazioni di maternità e di assistenza familiare). Analoga decisione la scorsa settimana, con riferimento a 3 richiedenti, era stata presa dal Tribunale di Bergamo, il medesimo Tribunale che già 4 volte si è espresso in senso favorevole ai ricorrenti.
Il giudice di Brescia Silvia Mossi, nel dichiarare «il carattere discriminatorio» della condotta dell'Inps che aveva negato il bonus bebè, ha condannato l'ente a versare alla ricorrente la somma di 1280 euro all'anno in relazione alla nascita della figlia e a rifondere alla ricorrente le spese di procedura (1800 euro).

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