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A PALAZZO LOGGIA IL COMMENTO DI AVVOCATI, CASA DELLA MEMORIA E ISTITUZIONI ALLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA CHE HA CONDANNATO ALL'ERGASTOLO MAGGI E TRAMONTE. IN OTTOBRE UN ATTIVO UNITARIO DEI DELEGATI E DELLE DELEGATE DI CGIL, CISL E UIL DI DIVULGAZIONE

Strage piazza Loggia, nelle motivazioni «il ruolo dei Servizi italiani e Usa a supporto della Destra estrema»


1 settembre 2016 - Familiari delle vittime, rappresentanti istituzionali e dei sindacati, avvocati. Sono passati 42 anni dalla strage del 28 maggio 1974 in Piazza della Loggia ma ieri pomeriggio (mercoledì 31 agosto), per il commento alle motivazioni (pubblicate agli inizi di agosto, qui il testo integrale) della sentenza della Corte d’Appello di Milano che nel luglio di un anno fa ha condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, la Sala Giudici di Palazzo Loggia era piena. «Abbiamo atteso un anno, ma ne è valsa la pena», osserva il presidente della Casa della Memoria Manlio Milani. Nella sentenza sono indicati responsabilità materiali, connivenze, depistaggi, la ricostruzione di un periodo storico a cavallo tra gli anni sessanta e settanta.

Ieri un passaggio della sentenza della presidente Anna Conforti è stato più volte richiamato, quello relativo «all’opera sotterranea portata avanti con pervicacia da quel coacervo di forze individuabile ormai con certezza in una parte non irrilevante degli apparati di sicurezza dello Stato, nelle centrali occulte di potere, dai Servizi americani, alla P2, che prima hanno incoraggiato e supportato lo sviluppo dei progetti eversivi della Destra estrema, ed hanno sviato poi l’intervento della Magistratura». Milani ricorda «i meccanismi ancora di intralcio» alla necessità di scavo della verità di quegli anni. L’avvocato di parte civile Renzo Nardin osserva che «c’è voluta la metropoli per avere una sentenza innovativa, che è anche una prova di democrazia, perché mostra la capacità dello Stato di sapersi emendare e di essere in grado di processare altri apparati dello Stato stesso».

«Un segno di fiducia per gli anticorpi democratici - rileva il sindaco Del Bono -, ma che ci consegna anche una riflessione sul passato. un messaggio forte per le generazioni future, una sentenza che è figlia della tenacia di chi ha voluto ricercare la verità nonostante il passare degli anni. Se non ci fosse stato un concerto solidale di un’intera città non saremmo arrivati a questa sentenza che ha fatto giustizia. La parte sana delle istituzioni ha reagito e la città ha vinto».

E se per l’avvocato Piergiorgio Vittorini (in una nota, ieri non era presente) la sentenza «è molto voluminosa, precisa, dettagliata»; per l’avvocato Andrea Arici la sentenza valorizza anche quelle passate e mostra «la riconosciuta incapacità di alcuni magistrati bresciani di analizzare il materiale raccolto negli anni». «Questo è stato il più grande processo indiziario della storia della Repubblica - osserva l’avvocato Federico Sinicato -, per la mole del materiale raccolto e per l’ampiezza in verticale su 20 anni di vita italiana». Ora ci sarà il lavoro per i politici e gli storici. E sarà necessaria anche opera di divulgazione: Cgil, Cisl e Uil ieri hanno annunciato che in ottobre ci sarà un attivo dei delegati per illustrare le motivazioni della sentenza.

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