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DOPO LA PRESENTAZIONE DEL PIANO INDUSTRIALE

Ubi, al via il confronto sugli esuberi con i sindacati


29 giugno 2016 - Il piano industriale di Ubi Banca è chiaro: si va verso una nuova banca. Non solo perché è stata decisa la fusione per incorporazione delle sette banche controllate che oggi compongono il gruppo, ma anche per quanto riguarda la riorganizzazione del lavoro (2.750 gli esodi dal gruppo e 1.100 nuove assunzioni), degli sportelli e delle filiali (280 chiusure da qui al 2020), dell’evoluzione commerciale (nuovi servizi di welfare, previdenza, salute, assicurazioni) e di un maggiore utilizzo delle nuove tecnologie. Con ricadute sui dipendenti. Di questo si è parlato ieri a Bergamo nell’incontro tra il Ceo di Ubi Banca, Victor Massiah, e le organizzazioni sindacali.

Un primo confronto in vista dell’inizio della trattativa vera e propria previsto per metà luglio. E il giudizio dei sindacalisti bresciani ne è la conseguenza: il piano industriale è ambizioso e di ampio respiro — ha commentato Mauro Pedroni, coordinatore Fisac Cgil per il gruppo Ubi — ma tante cose dovranno essere chiarite e approfondite come i molti esodi che avranno un impatto importante». Dello stesso avviso Andrea Battistini della First Cisl, responsabile gruppo Ubi, che sottolinea anche «l’impegno ad assumere giovani creando buona occupazione e, come dichiarato, senza la volontà di utilizzare alcun strumento obbligatorio. Esclusi licenziamenti, prepensionamenti o l’utilizzo delle giornate di solidarietà da parte di tutto il personale».

La scelta volontaria di uscire dal gruppo bancario è stata infatti la via maestra che tradizionalmente ha caratterizzato le relazione industriali di Ubi e «ha garantito il raggiungimento degli obiettivi senza forzature».

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