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LETTERA AI GIORNALI DI LUCIANO PEDRAZZANI (SEGRETERIA CAMERA DEL LAVORO DI BRESCIA)

Le dimenticanze di Guerri e i busti del duce sulle scrivanie di casa e dell'ufficio


26 maggio 2016 - È probabile che la mostra sul Duce sia in parte anche una spericolata operazione commerciale, atta a ripianare i conti in rosso del MuSa di Salò, nella speranza di richiamare con questa trovata frotte di nostalgici repubblichini o di fascisti del terzo millennio.

È inoltre altrettanto probabile che il lavoro di raccolta del materiale da esporre non sia stato nemmeno troppo difficile, mobilitando nostalgici che magari fino a ieri tenevano il busto del Duce sulla scrivania padronale o in bella mostra nel salotto buono di casa.

L'aver affidato ad un personaggio pubblico del calibro di Giordano Bruno Guerri la gestione dell'evento spiega infine leggerezze e gaffe ma anche provocazione mediatica e sottile compiacimento.

Detto questo, l'operazione "Busti del duce" disturba per disinvoltura e ambiguità. Perché strizza l'occhio in modo evidente a quei tanti o pochi che non hanno mai accettato il 25 aprile, che non hanno mai fatto i conti con la storia e che, almeno in parte, hanno alimentato il neofascismo della violenza politica e delle stragi, una delle quali è avvenuta a Brescia il 28 maggio del 1974.

Una data che Giordano Bruno Guerri non ricorda perché, sono sue parole, «la ricordano solo i bresciani di città». Fosse anche solo per rispetto di Vittorio Zambarda, uno degli otto caduti della strage cittadino di Salò, avrebbe potuto almeno ampliare il perimetro della conoscenza di una strage. Che, come è stato stabilito da una sentenza finita sui quotidiani nazionali meno di un anno fa, è stata ideata e realizzata da neofascisti del Nord Italia in collaborazione con pezzi dei servizi segreti, nostrani e non solo.

Luciano Pedrazzani
Cgil Camera del Lavoro di Brescia

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