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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

L'ANALISI DI ALEBERTO ZORATTI DI FAIRWATCH

Clima, l'accordo (a metà) è servito


Per alcuni commentatori quello raggiunto a Parigi alla fine del vertice sul clima è un compromesso accettabile, per altri i governi hanno invece abbandonato le velleità della vigilia e hanno ceduto alle pressioni delle lobby. La Cgil e il sindacato europeo mettono in evidenza l'assenza della parte che riguarda i diritti umani e il diritto del lavoro. Su Repubblica da segnalare una intervista a Sergio Marchionne di Paolo Griseri: "Così l'industria rispetterà il patto sul clima" (p.22). Qui il testo integrale dell'accordo (in inglese)



COP21 SUL CLIMA: IL COMPROMESSO DI PARIGI

La Repubblica, con lo studioso Pascal Acot propone il primo bilancio del vertice di Parigi sul clima (p.22). Riportiamo alcuni stralci della sua analisi, secondo la quale il compromesso raggiunto è troppo timido. "Il presidente della Cop21, Laurent Fabius, ha presentato l'accordo finale sul cambiamento climatico come «un accordo differenziato, giusto, durevole, dinamico egiuridicamente vincolante». Secondo lui, il testo sottoscritto dai 195 Stati rappresentati alla conferenza, «[... ] costituisce il miglior equilibrio possibile e permetterà a ogni delegazione di rincasare a testa alta, con un'esperienza importante».( ...) L'accordo finale mostra intenzioni più ambiziose dell'obiettivo iniziale, che mirava a limitare il riscaldamento sotto la soglia dei 2 C. Adesso si parla di mantenerlo «largamente» al di sotto in confronto ai livelli preindustriali e di cercare di abbassarlo ancora verso 1,5 C. «In confronto ai livelli pre industriali» è, ed è opportuno soppesare le parole, un'espressione derisoria, perché all'epoca della Piccola era glaciale', durata fino al 1850 circa, il riscaldamento non era all'ordine del giorno: allora la grande paura degli "scienziati" e del pubblico era il raffreddamento per morte termica dell'universo. La debolezza dell'obiettivo di riduzione delle emissioni mondiali di gas a effetto serra è evidente, perché si parla soltanto di stabilire «quanto prima» un tetto, quindi si converrà che è ben lontano dall'essere vincolante. Le ambizioni precedenti, che miravano a una riduzione delle emissioni tra il 70 e il 95 per cento, sono state abbandonate, ed è proprio questo tipo di arretramenti che ha reso possibile l'accordo 'storico". Le "parti' sono addirittura riuscite a fissarsi come obiettivo non più di ridurre le emissioni bensì semplicemente di equilibrarle attraverso dei «depositi» di carbonio (...)

Ma è inaccettabile un accordo senza diritti umani e del lavoro

"L'accordo di Parigi - aveva spiegato la Cgil in una nota diffusa la scorsa settimana prima della definizione conclusiva del vertice sul clima - definisce un obiettivo di lungo periodo per mantenere la temperatura 'ben al di sotto dei 2 gradi', facendo ogni sforzo per limitare tale aumento entro il grado e mezzo. Pur sapendo che i contributi volontari al 2030 presentati dai vari governi portano a una traiettoria al di sopra dei 3 gradi, non è previsto nessun meccanismo di revisione dei contributi per riallinearli entro i limiti ritenuti utili per salvare la vita sul pianeta". "Addirittura - denuncia il sindacato - i tempi per raggiungere la neutralità delle emissioni di gas a effetto serra vengono prorogati alla seconda metà del secolo". (...)La Cgil esprime poi "delusione per l'esclusione del riferimento ai diritti umani nel testo dell'accordo" e ritiene "inaccettabile che il diritto alla salute, i diritti dei popoli indigeni, delle comunità migranti, dei bambini, delle persone con disabilità e dei popoli in condizioni di vulnerabilità, il diritto allo sviluppo sostenibile, l'equità di genere, empowerment delle donne e l'equità intergenerazionale siano tutti relegati nel preambolo e sottoposti alle rispettive obbligazioni dei singoli governi". "La giusta transizione dei lavoratori e il diritto al lavoro dignitoso non sono stati inseriti nel testo dell'accordo", aggiunge la confederazione, criticando "duramente" questa decisione dei governi, critica già sollevata al Ministro dell'Ambiente Galletti durante un incontro informale in sede di Conferenza. "In tale incontro - si ricorda - è stata consegnata al Ministro la lettera del Segretario Generale della ETUC Luca Visentini con la quale si chiedeva al Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker di includere espressamente nel testo la tutela dei diritti del lavoro e la giusta transizione dei lavoratori". "La Cgil in linea con la discussione del movimento sindacale globale - conclude la nota - intende dunque portare avanti la battaglia sulla giusta transizione a livello nazionale, anche attraverso la richiesta esplicita di un confronto di merito al governo italiano sul tema dei cambiamenti climatici".

di seguito l'analisi di Alberto Zoratti di Fairwatch

L'accordo è certamente storico, nella sua incapacità di affrontare
seriamente il cambiamento climatico. E' storico per la Francia, Paese
sotto attacco che aveva bisogno di un risultato sulla scena
internazionale. Lo è per la Conferenza delle Parti e per le Nazioni
Unite, ormai da anni in crisi di identità. Lo è molto meno per evitare
il disastro ambientale, perchè il risultato ottenuto è un sistema
vincolante di impegni volontari, dove ogni Paese è libero di presentare
Contributi (Contributions, non Commitments, impegni) per contrastare il
cambiamento climatico che verranno verificati a livello internazionale
ogni 5 anni a partire dal 2020, anno in cui entrerà in vigore l'Accordo.
Nessun sistema sanzionatorio in caso di non ottemperanza, dopotutto il
sistema Nazioni Unite funziona così, ma se non c'è pena, difficilmente i
disonesti rispettano le promesse.
I passi avanti, testuali, sono molti. C'è un riferimento a 1.5°C come
possibile obiettivo di aumento massimo della temperatura media del
pianeta, che viene però contraddetto dagli impegni nazionali già
comunicati dai Paesi membri che, se sommati assieme, non impedirebbero
il superamento di 3°C di aumento medio rispetto all'era preindustriale.
Un dato che sarebbe devastante per gli equilibri ecologici e sociali.
C'è un inserimento al Loss and Damage, il sostegno ai Paesi colpiti da
eventi estremi. Ma non c'è nessun dato né richiamo di come garantire
tutto questo. Ci sono, per l'ennesima volta, citati i fondi per
l'adattamento, 100 miliardi di dollari all'anno dal 2020, che ormai
vengono ospitati nei testi negoziali dal 2010 ma che nei fatti non sono
stati in grado di raccogliere poco più del 10% di quello che realmente
serve. Fondi peraltro "mobilizzati" da diverse fonti e non "stanziati".
L'accordo di Parigi mette le basi per il nuovo sistema di lotta al
cambiamento climatico post Kyoto. A cominciare dal 1° gennaio 2021 tutto
si baserà su impegni volontari e su promesse, con il ruolo dei Governi
diventato ancor più centrale nel concetto di responsabilità e di
sostenibilità. La fanfara internazionale, capace di definire "risultato
storico" un tale documento, di concentrà ppiù sulla realpolitik che
sulla reale esigenza di contrastare le emissioni di gas serra. Parigi
non ha avuto la forza di essere realmente ambizioso, e non è stato
all'altezza della sfida che abbiamo di fronte.
Per salvare le banche si è mossa la comunità internazionale e a poco
meno di 10 anni dalla crisi finanziaria, i grandi colossi bancari sono
stati messi in sicurezza grazie, soprattutto, al denaro dei
contribuenti. Erano "too big to fail", troppo grandi per fallire. Una
categoria che sembra non avere cittadinanza quando si parla di evitare
il caos climatico.

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