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L'ANALISI DI MASSIMO RIVA SU REPUBBLICA

I problemi dell'Unione


«Lo sconforto è il naturale e inevitabile contrappasso dell’illusione. Ed è esattamente questo che si è verificato ieri sui mercati finanziari dopo il tanto, forse fin troppo, atteso pronunciamento del presidente della Bce Mario Draghi». Inizia in questo modo l'articolo di massimo Riva su repubblica di oggi, venerdì 4 dicembre, a commento delle ultime decisioni della Bce.

«Era e rimane una chimera la speranza che la politica monetaria possa da sola sciogliere l’intreccio di nodi, politici ed economici, che rendono da tempo impervio il cammino dell’Europa - prosegue Riva -. Ma è un fatto che, nel vuoto di decisioni all’altezza dei problemi da parte dei governi, un’enorme bolla di aspettative si era creata attorno alle scelte che la Banca centrale avrebbe potuto assumere per rischiarare l’orizzonte dell’economia continentale. Una bolla — occorre dirlo — alimentata anche dagli stessi vertici della Bce con le loro ripetute promesse di essere pronti a fare il possibile e l’impossibile per ridare velocità a un convoglio da così tanto tempo frenato. Mario Draghi poteva fare di più? Forse anche sì. Ma, attenzione, poniamo pure che avesse annunciato di prorogare gli interventi di un anno anziché di sei mesi ovvero di portare il tasso negativo sui depositi allo 0,4 invece che allo 0,3: sarebbe davvero cambiato l’orizzonte per l’euro e le economie della moneta unica? Chi crede a simili opportunità non solo continua a coltivare illusioni, ma insiste nel non voler vedere che i problemi cruciali dell’eurozona non possono essere ridotti alla carenza di liquidità». (...)

(...) «In questi ultimi mesi l’accavallarsi di fattori negativi a livello mondiale — dalla frenata cinese all’ingigantirsi delle minacce terroristiche — aveva diffuso un’altra fallace credenza: quella che i fautori dell’ortodossia rigorista — Bundesbank in testa — avessero smussato gli angoli più acuti della loro fede nell’austerità contabile “uber alles”. Così non è. Il tema di una Germania miope, chiusa su se stessa e sugli indubbi punti di forza della sua economia, è più che mai al centro dell’agenda europea». (...)

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