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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

SEGNALAZIONI DAI QUOTIDIANI NAZIONALI

Il pubblico impiego prepara la mobilitazione. Segnalazioni dai quotidiani nazionali


I dati sull’inflazione a livello europeo che saranno resi noti oggi completeranno il quadro sulla situazione economica  dopo le statistiche sulla fiducia dei consumatori diffuse ieri dall’Istat. Secondo l’istituto nazionale italiano,  i dati sulla fiducia dei consumatori riporterebbero l’Italia ai livelli pre-crisi, con un Pil finalmente con il segno positivo. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, parla di una piccola minoranza di italiani che ha ricominciato a risparmiare. Molto soddisfatto il commento del presidente del consiglio Matteo Renzi, che da Cuba parla del superamento della crisi e polemizza con la minoranza del Pd che continua a contrastare le mosse del governo. Rimane invece netto e critico il giudizio della Cgil sulla Legge di Stabilità. Una manovra sbagliata, ha ribadito ieri il segretario generale Susanna Camusso, che attacca soprattutto sui temi delle pensioni, del welfare e del contratto dei lavoratori pubblici. La Cgil è pronta alla mobilitazione, mentre i sindacati di categoria del pubblico impiego varano una road map in sintonia con le tre confederazioni che potrebbe portare allo sciopero generale di tutti i settori pubblici, se non ci saranno ripensamenti da parte del governo. E’ già fissata la data per manifestazione nazionale a Roma: il 28 novembre. Denuncia del presidente dell’autorità anti corruzione Raffaele Cantone sulla capitale. A ridosso del Giubileo, Roma non si è ancora dotata di una commissione di controllo sugli appalti. Cantone ha invece elogiato Milano per la gestione del grande evento dell’Expo.

PUBBLICO IMPIEGO. IN PIAZZA IL 28 NOVEMBRE VERSO LO SCIOPERO

Le Segreterie Confederali unitarie di Cgil, Cisl, Uil e le Categorie del Pubblico Impiego e della Scuola hanno deciso il seguente percorso di mobilitazione: fino al 13 novembre assemblee nei luoghi di lavoro per illustrare le richieste contenute nelle piattaforme di categoria; fino al 16 novembre iniziative territoriali di mobilitazione coinvolgendo cittadinanza, ambienti accademici e culturali, parlamentari e amministratori locali; il 28 novembre manifestazione nazionale. Se non ci saranno risposte sia sul fronte degli aumenti salariali, sia sulla riapertura della stagione di rinnovo dei contratti; se non verrà liberata dai vincoli esistenti la contrattazione decentrata, strumenti essenziali per migliorare l’organizzazione del lavoro e la qualità dei servizi pubblici, verrà proclamato lo sciopero di tutti i settori pubblici e della scuola per chiedere al Governo di cambiare le scelte che unilateralmente ha inserito nella legge di stabilità, mortificando sia la dignità professionale che la condizione economica dei lavoratori.

I CONFINI DEL LAVORO: SEGNALAZIONI DALLA STAMPA E DAL WEB

TELELAVORO E SMART WORK. Ne parla il sociologo Patrizio Di Nicola su Rassegna Sindacale: Tra le molte innovazioni presenti nella legge di stabilità 2016 vi è anche la possibilità per le aziende di utilizzare una nuova forma di prestazione lavorativa, definita “lavoro agile”, che consiste nello svolgere la propria opera fuori dei locali dell’azienda, sfruttando l’elevato livello di digitalizzazione che caratterizza ormai una grande quota di attività produttive. L’articolato, che prende la forma di decreto collegato alla norma principale (e che per inciso innova anche le tutele previste per il lavoro autonomo, proponendosi di sanare alcune eclatanti ingiustizie previdenziali che colpiscono i professionisti senza albo), deriva in buona parte dalla proposta di legge sullo Smart Work presentato a inizio 2014 dalla deputata Alessia Mosca e altre colleghe. Tale proposta prendeva spunto a sua volta da una ricerca condotta dal Politecnico di Milano, la quale sosteneva come fosse giunto ormai il momento di andare oltre l’idea tradizionale di telelavoro, che veniva percepito come troppo “pesante” per aziende che fanno della flessibilità il loro modo di operare. Allo Smart Work faceva esplicito riferimento anche il testo originale dell’art. 14 della Riforma della Pubblica Amministrazione (Legge 7 agosto 2015, n. 124), che prevedeva il coinvolgimento di almeno il 20% del personale. Nell’iter parlamentare l’articolo ha poi perso il riferimento anglofilo, affermando invece che gli enti avrebbero dovuto utilizzare telelavoro e “nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa” per almeno il 10% del personale nei successivi tre anni. Insomma, attorno al Telelavoro/Smart Work/Lavoro Agile qualcosa si sta muovendo anche a livello legislativo. E ciò dopo molti anni in cui le parti sociali hanno preferito stipulare accordi nazionali, locali e di impresa, temendo che ogni legge in materia avrebbe irrigidito una forma di lavoro emergente e ancora da sperimentare, lasciando alla sola pubblica amministrazione il compito di regolare il telelavoro per i propri dipendenti in via legislativa…(http://www.rassegna.it/articoli/lo-smart-work-nella-legge-di-stabilita)

PIU’ DISOCCUPATI NEL MONDO. Lo dice il Rapporto Ilo di cui parla Ferdinando Liuzzi sul Diario del Lavoro (http://www.ildiariodellavoro.it/adon.pl?act=doc&doc=57156#.VjGohG5tbIU). “Brutte notizie per il lavoro. A livello globale, la disoccupazione cresce, mentre fra gli occupati diminuisce la percentuale di quelli che hanno un’occupazione stabile. Inoltre, si allarga la forbice fra salari e produttività, perché la seconda cresce più rapidamente dei primi. Sono queste le principali tendenze che emergono dal rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro che è stato presentato a Roma.

ILVO DIAMANTI RILEGGE SYLOS LABINI. A quarant'anni di distanza è sempre bene rileggere il "Saggio sulle classi sociali" di Paolo Sylos Labini. Perché è rigoroso e al tempo stesso innovativo. Perché affronta la questione della «struttura sociale» in modo stimolante e profondo. Perché il tempo non ne ha limitato l'attualità. Al contrario. Lo scrive su Repubblica Ilvo Diamanti. E, per questo, ripercorrerne le pagine permette di ricostruire la natura di alcuni dei nostri problemi — economici, sociali e, al tempo stesso, politici. Che hanno radici storiche profonde. Lontane. Eppure persistono e resistono. ( ... ) Merito del "Saggio" di Sylos Labini è di superare le due principali letture alternative delle classi sociali. La prima — dicotomica, di tradizione marxista — riduceva la struttura di classe alla sostanziale divisione — conflittuale — fra borghesia e proletariato. Dalle quali erano attratte tutte le altre classi, perlopiù residui del passaggio verso il modo di produzione capitalista. L'altra lettura prevalente aveva segno «funzionalista". Traduceva la divisione sociale in termini di «stratificazione". Un concetto che rendeva e rende difficile individuare distinzioni chiare e nette. Fondate su basi chiare. Su interessi e su tensioni irriducibili. Paolo Sylos Labini complica la rappresentazione dicotomica senza, però, sbriciolarla. Senza riprodurre una realtà tanto fluida quanto illeggibile. E, in fondo, in-dicibile. Egli riconduce, dunque, la popolazione italiana a tre grandi classi sociali. Oltre - e in mezzo - alla borghesia e alla classe operaia, inserisce le classi medie. Che, a loro volta, aggregano componenti diverse: la piccola borghesia impiegatizia; la piccola borghesia relativamente autonoma e, infine, alcune categorie specifiche, come i militari e i religiosi. A differenza della concezione dualista, di tradizione marxiana, Sylos Labini non considera la struttura sociale destinata ad un'alternativa tanto polarizzata quanto incompatibile. A una lotta irriducibile, fino allo scontro finale. Da cui sorgerà la società senza classi. Ma non immagina neppure una società indistinta, se non su basi funzionali e quantitative. La base della sua «classificazione» è, invece, fondata sulla diversa natura e provenienza del reddito. La rendita, che proviene dalla proprietà di terreni agricoli o urbani. II profitto, che trae origine dall'attività imprenditoriale (sia essa fondata sull'agricoltura, l'industria o il commercio). Infine, il salario, che deriva dal compenso ottenuto dal lavoratore dipendente per l'opera prestata. (...)

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