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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

la legge di stabilità. la produttività in italia e all'estero, l'economia verde

Gli effetti collaterali della tassa sulla casa. Segnalazioni dai quotidiani nazionali di lunedì 26 ottobre 2015


Il presidente Sergio Mattarella ha firmato la legge di Stabilità, che ora inizia il suo percorso parlamentare al Senato. Lo scontro politico si concentra sui tagli alla spesa sociale e in particolare alla sanità per bilanciare il taglio delle tasse (4 miliardi). Nonostante gli aggiustamenti in corso d’opera sulle case di lusso e i castelli, il fisco rimane una delle contraddizioni principali di questa manovra. Sono molti gli effetti negativi a cascata della scelta del governo di voler privilegiare l’operazione casa. Contratti pubblici di nuovo senza risorse, mentre i sindacati di polizia hanno deciso di avviare una protesta per i nuovi tagli alla sicurezza pubblica. Molte le polemiche e le critiche anche sulla conferma dell’operazione contante (il tetto a 3000 euro). Dopo il suo intervento al convegno sul fisco della Cgil e della Funzione pubblica, nuovi attacchi al direttore delle Agenzie delle entrate, Rossella Orlandi. Da palazzo Chigi filtrano battute sulla volontà del governo di sostituirla per la sua denuncia sulla debolezza della politica nel sostenere la battaglia contro l’evasione fiscale. Negativo – sul tetto del contante in particolare - anche il giudizio dell’ex premier Mario Monti. Intanto a Roma si fa netta (e forse irreversibile) la spaccatura tra il Pd e il sindaco Marino che ieri ha parlato in piazza promettendo ai suoi sostenitori un nuovo impegno: “Non vi deluderò”. Nuovo flop sull’immigrazione e le quote, mentre in Polonia vince la destra anti Europa. Il nuovo premier sarà Beata Szydlo, che si ispira alle teorie xenofobe dell’ungherese Orban. Nonostante i vantaggi che hanno ottenuto con l’entrata in Europa nel 2004, i polacchi votano a maggioranza per il distacco dall’Unione con gli altri Paesi. Ora il partito ultranazionalista potrebbe governare anche senza bisogno di alleanze. Clamorosa confessione politica dell’ex premier inglese, Tony Blair in una intervista alla Cnn: sulle armi di distruzione di massa abbiamo mentito. L’operazione in Iraq è stata un grande errore che ha favorito la nascita dell’Isis.


LA SANITA’ E’ DI NUOVO IL BANCOMAT DELLA  MANOVRA

Ora è ufficiale con la nuova legge di stabilità il Fondo sanitario del 2016 scende a 111 miliardi, nonostante le proteste delle Regioni e le dimissioni di Sergio Chiamparino dalla presidenza della Conferenza Stato-Regioni. Con due sole manovre Renzi taglia 6,7 miliardi al finanziamento previsto, cancellando nei fatti il Patto per la salute. Lo scrive sul sito di Rassegna Sindacale Stefano Cecconi, responsabile delle politiche della sanità della Cgil nazionale.

“VOGLIONO CACCIARMI”. LA DENUNCIA DI ROSSELLA ORLANDI

Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera intervista il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi che la scorsa settimana è intervenuta al seminario sul fisco organizzato a Roma dalla Cgil e dalla Funzione pubblica. “Nel governo qualcuno vuole che io faccia un passo indietro, mi pare evidente. Ma sono tranquilla. E resto al mio posto», dice oggi al giornalista del Corriere. “Chi ha parlato in queste ore con la direttrice dell'Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha trovato una persona decisa. Magari non tranquilla, perché con tutto ciò che sta succedendo sarebbe difficile. Ma comunque determinata a resistere a quello che somiglia a un assedio – scrive Lorenzo Salvia - Giovedì scorso la Orlandi ha deciso che la miglior difesa è l'attacco. Dal palco di un convegno della Cgil ha detto che l'Agenzia delle Entrate «rischia di morire». Parlava di problemi tecnici, della mancanza di un comparto specifico per la contrattazione. Ma intendeva molto di più: la fuga dei dirigenti degradati al rango di funzionari da una sentenza della Consulta, la mancanza di un gruppo di vertice che sia in grado di tenere in piedi la struttura. E soprattutto la sensazione che stia venendo meno una cosa non proprio secondaria: l'appoggio politico del governo.

ALTRI COMMENTI E RIFLESSIONI

SE LO STATO TORNA IMPRENDITORE. Ne parla Pierluigi Ciocca su Affari e Finanza di Repubblica. Il cuore di un'economia quale l'italiana è tuttora la manifattura. Lo è perché la manifattura è il motore dell'innovazione, del progresso tecnico, della produttività del sistema e perché essa esprime beni esportabili, essenziali per pagare le fonti d'energia e i prodotti primari che non si può evitare di importare. La manifattura italiana, dopo aver brillato fra il 1950 e gli anni Ottanta, ha visto scemare produttività e competitività. Attualmente il valore aggiunto per addetto è di quasi un quarto inferiore a quello di Germania, Regno Unito e Francia. Il costo del lavoro per unità di prodotto dal 2000 è salito del 40%, rispetto al 15% della Francia e allo zero per cento della Germania. Se la comparazione del valore aggiunto per addetto viene effettuata distinguendo le diverse categorie dimensionali delle imprese manifatturiere, emerge un divario nella pletora - milioni - delle aziende italiane minori (massimo 9 dipendenti). Il divario è compreso fra il 30% rispetto alle aziende tedesche e il 50% rispetto alle inglesi. Lo scarto si attenua sino ad annullarsi quando si sale alle unità da 20 a 49 dipendenti e cambia addirittura di segno nel caso delle aziende medie, da 50 a 249 addetti, con la produttività italiana che arriva a travalicare del 15% quella negli altri tre paesi. Il divario negativo tuttavia riemerge allorché si superano i 250 dipendenti e la produttività della nostra manifattura risulta del 10-15% inferiore a quella inglese e a quella tedesca (non alla francese). Che vi siano limiti nella zona alta dell'industria è confermato dalla pochezza numerica e dalla dimensione modesta dei maggiori gruppi italiani nel confronto internazionale. Solo una decina fra essi superano i 15-20mila addetti. Nessuno è presente in attività a elevata, moderna, innovativa tecnologia, situate sulla frontiera delle produzioni mondiali. Nessuna  entra nelle graduatorie delle "worlds's most admired - big - companies". Una risposta spontanea del capitale privato a tale preoccupante condizione potrebbe mancare, come è avvenuto dal 1992 con gli alti profitti scaturiti dallo svilimento del cambio, dalla debolezza del sindacato, dalla spesa pubblica a pioggia, dallo scemare della concorrenza, dall'elusione ed evasione delle imposte. ..o Stato potrebbe allora, suo malgrado, doversi di nuovo improvvisare produttore ricorrendo all'impresa pubblica, anche se per vie diverse da quella che, con l'IRI, Beneduce e Meni-chella imboccarono negli anni Trenta del Novecento.  La storia, lo studio della storia, soddisfa curiosità sul passato in quanto tali intriganti. Ma può utilmente suscitare questioni di rilievo per l'oggi e per futuro. Questo duplice spirito ha animato la "Storia dell'lri 1933-2002", che Laterza ha pubblicato fra il 2012 e il 2014. (…)

LE INDUSTRIE HANNO PAURA DELL’ECOLOGIA?. Se lo chiede su Affari e finanza di Repubblica Andrea Bonanni. La conferenza di Parigi sul clima si avvicina. E salgono le preoccupazioni degli imprenditori europei, che temono un gesto di impegno unilaterale della Ue nella riduzione dei gas ad effetto serra. La posizione di base definita dalla Commissione è di avere una riduzione delle emissioni dannose del 50% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050 per poi superarle entro la fine del secolo. Sul tavolo di Parigi c'è la proposta europea di tagliare la produzione di gas del 40% entro il 2030. Finora la Ue è l'unica ad avere una legislazione che copra tutte le emissioni inquinanti ed ègià riuscita a ridurre de123% il proprio inquinamento atmosferico, superando con cinque anni di anticipo l'obiettivo di un taglio del 20% entro i12020. L'entusiasmo ecologico di Bruxelles ha motivazioni non solo ideali. Mentre le emissioni europee sono meno del 10% del totale mondiale, l'Europa si aggiudica una buona fetta del mercato di beni e servizi a basso impatto ambientale, che è valutato dalla associazione degli imprenditori Business Europe in 4mila miliardi. Essere leader mondiali nella lotta contro il cambiamento climatico può rivelarsi un buon affare. Ma le imprese europee temono che, come è già successo in passato, la Ue a Parigi finisca per assumere impegni unilaterali di riduzione che finirebbero per mettere fuori mercato tutta l'industria ad alto consumo energetico, accelerando il processo di delocalizzazione verso Paesi che non si sono dati limiti altrettanto vincolanti.

LO SMART WORKING. IL LAVORO DA CASA. Ne parla Dario Di Vico sul Corriere della Sera: II lavoro agile diventerà legge. Sono già svariate le aziende che lo stanno sperimentando in Italia ma ora lo smart working fa un passo in avanti: sarà regolato da 9 articoli contenuti nel disegno di legge collegato alla legge di Stabilità predisposto dal professor Maurizio Del Conte per conto del governo. Agile è definita la prestazione effettuata da lavoratori dipendenti — e non da partite Iva — fuori dei locali aziendali e oggi per 3/4 dei casi vuol dire da casa, anche se crescono le imprese che si collegano con hub o coworking esterni. I dati ci dicono una cosa importante: non sono solo le donne a usarlo. A differenza del vecchio telelavoro, giudicato poco allettante e alla fine usato solo in alternativa al licenziamento o per decentrare prestazioni «povere», lo smart working punta a far crescere la produttività conciliandola con le motivazioni e la flessibilità del dipendente, impiegato o manager. La legge può favorire decisamente il decollo dello smart working perché interviene su tutta una serie di materie (diritti, privacy, infortuni e retribuzione) ma al tempo stesso i 9 articoli sono norme-cornice che lasciano spazio alla contrattazione collettiva e individuale. Per ora a usarlo sono prevalentemente aziende di servizi ma un domani le esperienze contamineranno il manifatturiero posto, ad esempio, che la diffusione delle stampanti 3D comporti una disarticolazione del ciclo produttivo stanziale. (…)

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