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FONDAZIONE DON GNOCCHI, CONTRATTAZIONE, EURO E PAPA FRANCESCO LE ALTRE SEGNAALAZIONI

La stabilità secondo Renzi. Segnalazioni dai quotidiani di giovedì 22 ottobre


giovedì 22 ottobre 2015 - La legge di stabilità, quella che una volta si chiamava finanziaria, è ancora una bozza non corretta. Fino a ieri sera non si è avuta infatti notizia della “bollinatura” da parte della Ragioneria generale dello Stato e il testo non è stato ancora consegnato al Quirinale. Il premier Matteo Renzi non si preoccupa però più di tanto e anzi ieri – durante la trasmissione Otto e mezzo – ha rilanciato tutte le anticipazioni dei giorni scorsi (innalzamento del tetto del contante compreso) dicendosi pronto a chiedere la fiducia sulla manovra e ha annunciato una norma speciale che blocca la possibilità dei Comuni di alzare le tasse locali. Il presidente del consiglio ha ribadito con orgoglio l’invito agli italiani a spendere il denaro che hanno e ha confermato tutta l’operazione fisco. Novità anche sulla tracciabilità dei contratti di affitto. Meno tasse per tutti è lo slogan berlusconiano. “Ma loro lo hanno solo detto, noi lo faremo”.

Tra le notizie del giorno e i principali temi trattati nei commenti sulla stampa troviamo oggi in primo piano i veleni mediatici e i complotti vaticani contro papa Francesco, le scelte del presidente della Bce, Mario Draghi in tema di impulso all’economia, lo scontro sulla sanità in Italia e in particolare la mobilitazione dei medici contro le scelte del governo. Altre due notizie sulle prime pagine sono quelle che riguardano la corsa della Ferrari in borsa negli Usa insieme alle forti perdite della Fca di Marchionne e l’assoluzione di Luigi De Magistris, che resta sindaco di Napoli. Prosegue intanto in Confindustria la lotta ai lunghi coltelli sulla riforma delle relazioni industriali e il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro. Oggi il presidente Giorgio Squinzi dovrà fare i conti con le opposizioni interne al Consiglio generale.

SEGNALAZIONI DALLA STAMPA

IL DENARO CHE INQUINA. Articolo molto amaro quello di Francesco La Licata su La Stampa a proposito del sistema di corruzione mafiosa in Sicilia che coinvolge anche gli industriali. In particolare La Licata parla di Antonello Montante, delega nazionale alla legalità di Confindustria , oggi indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Accusato anche da Marco Venturi, cofondatore della « svolta legalitaria» di Confindustria , che ha messo nero su bianco con i magistrati , raccontando come la gestione di Antonello Montante alla fine sia servita « a creare un sistema di potere mafioso capace di un monopolio assoluto sulle aree industriali» , un sistema che si sarebbe avvalso dei buoni uffici «di poliziotti e prefetti» (“Se il denaro inquina l’anticrimine”, Francesco La Licata, La Stampa)

QUELLO CHE DEVE FARE PAPA FRANCESCO. Gianni Riotta sulla Stampa analizza il polverone sulla presunta malattia del Papa che fa parte della battaglia di chi vorrebbe fermarlo. “Per reagire il Papa non deve rivolgersi a un media strategist o leggere con i suoi collaboratori il nuovo, preoccupante, saggio del professor Quattrociocchi «Debunking in a world of tribes» che dimostra come sul web le menzogne si radichino più del vero e chi prova a confutarle venga irriso ed isolato. Sono, purtroppo, i media in ritardo nella comunicazione, ciechi davanti alla «forza delle cose» cara al vecchio columnist Misha Stille. La crociata contro Francesco investe la lunga durata, la strategia della Chiesa non si consuma nel titolo bugiardo di un giorno. Lo spiega bene un tweet  di padre Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, citando, il 17 ottobre, il cardinal Christoph Schönborn,  che twitta come @KardinalWien (twitter è campo di batt aglia teolog ico non  gioco da ragazzini…): «Noi stiamo recependo il Vaticano II… ci vuol tempo». Esatto, si colpisce Francesco per impedire l’affermarsi  finale del Vaticano II. Francesco reagisce sorridendo, ma anche chi non ha la sua fede comprende che la Storia non si ferma con un gossip. «La calunnia è un venticello» musicava Rossini, ma «la verità rende liberi» predicava Giovanni. (Gianni Riotta, “La calunnia per fermare il cambiamento”, La Stampa)

DOVE SI RADUNANO GLI AVVOLTOI. Sempre sul caso della presunta malattia di papa Francesco scrive il teologo Vito Mancuso su Repubblica: C’è un detto di Gesù da sempre inquietante che in queste ore assume una dimensione ancora più sinistra. Dove sarà il cadavere, li si raduneranno insieme anche gli avvoltoi» (Luca 17,37). Il portavoce papale padre Lombardi ha subito smentito seccamente la notizia. E L'Osservatore Romano ha parlato di «polverone sollevato con intento manipolatorio». Certo è che sarebbe difficile oggi nascondere a lungo una notizia sulla salute del Pontefice: il corpo del Papa, a differenza dei secoli passati quando era velato alla vista dei più e viveva in una dimensione sacrale che portava a pensarlo come quasi divino, del tutto privo delle manchevolezze dei comuni mortali, ora è quotidianamente esposto allo sguardo delle telecamere di tutto il mondo. (Vito Mancuso, Gli avvoltoi, Repubblica)

LE DECISIONI DI MARIO DRAGHI. Su Milano Finanza da segnalare l’articolo di Elga Bartsch,  Morgan Stanley Global Economis, sulle decisioni della Bc. “Oggi il consiglio direttivo della Bce terrà la sua consueta riunione sulla politica monetaria. Alla vigilia di tale appuntamento, le aspettative dei mercati finanziari su ulteriori misure monetarie della Banca Centrale Europea si sono notevolmente intensificate.

I PROBLEMI DI SQUINZI. Ne parla Roberto Mania su Repubblica. “Oggi il consiglio generale. Gli imprenditori del Nord-Est scrivono a Squinzi II nuovo contratto dei chimici spacca Confindustria. Giorgio Squinzi, presidente di Viale dell'Astronomia per ancora qualche mese, aveva annunciato la rivoluzione nelle relazioni industriali, accusando i sindacati di essere conservatori. Ma l'accordo firmato la scorsa settimana dalla Federchimica ( alla quale è iscritta la Mapei di Squinzi ) e dalla Farmindustria, ha lasciato le regole immutate. Un'intesa nel solco della tradizione. Da qui il malumore crescente nei territori e nelle categorie confindustriali, soprattutto tra i metalmeccanici che il 5 novembre cominceranno le trattative. Stefano Dolcetta, vicepresidente con delega proprio alle relazioni sindacali, industriale metalmeccanico ( produce le batterie Fiamm ), vicentino di nascita, si è fatto interprete del dissenso leggendo nel contratto dei chimici il tradimento dell'annunciato nuovo corso confindustriale, peraltro condiviso con un voto del Consiglio generale nel luglio. Dolcetta è arrivato a un passo dalle dimissioni, poi ha chiesto, tramite una lettera, un chiarimento a Squinzi. Ieri si sono visti e diplomaticamente chiariti. Ma oggi Squinzi dovrà affrontare la discussione nel Consiglio Generale. Le premesse non sono affatto pacifiche. Sul tavolo di Squinzi è arrivata infatti un'altra lettera l'hanno spedita i presidenti delle territoriali di Treviso, Vicenza e Padova. Parole durissime, riportate ieri quasi integralmente dal Gazzettino: Ci troviamo di fronte a un drastico arretramento del nostro progetto di cambiamento delle relazioni sindacali con la consapevolezza di aver perso un'importante occasione e di aver dato l'impressione di una forte difficoltà e essere sistema. Così — scrivono sostanzialmente i tre industriali del nord-est — ha vinto la Cgil di Susanna Camusso. Ora il problema è tutto dei metalmeccanici. Perché gli alimentaristi, sotto la spinta soprattutto delle multinazionali, sono pronti a mettersi sulla scia dei chimici. E la rivoluzione? Può attendere, anche questa volta. (Roberto Mania, “Confindustria si divide sui contratti. Così vince la Camusso", Repubblica, p.28)

NON E’ VERO CHE PAGHEREMO MENO TASSE. Lo sostiene Luca Ricolfi su Panorama di questa settimana. Se provate a metterle in fila, le riduzioni delle tasse messe in atto dal governo Renzi dal momento del suo insediamento a oggi, ovvero in due anni scarsi, formano una sequenza impressionate: meno Irap, bonus da 80 euro, maxidecontribuzione per gli assunti nel 2015, decontribuzione (più modesta) per gli assunti nel 2016, detassazione del salario di produttività, agevolazioni nel calcolo degli ammortamenti, abolizione delle tasse sulla prima casa e sui macchinari imbullonati, revisione del regime dei minimi per professionisti e piccole imprese, disinnesco delle clausole di salvaguardia sull'Iva e sulla accise. Mal contati, fanno 35 o 40 miliardi di minori entrate per lo Stato. Una vera rivoluzione fiscale, da far impallidire i timidi tentativi di riduzione della pressione fiscale di Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti alla fine della legislatura 2001-2005, quella conquistata con il «Contratto con gli italiani». Un patto che, al suo punto numero 1, prometteva la riduzione a due sole aliquote (23 e 33 per cento) dell'Irpef. Capisco quindi che il nostro giovane premier sia su di giri, e trovi «sorprendente» la sua Legge di stabilità. Trovo anche che la maggior parte delle riduzioni fiscali promesse siano utili, in quanto alleggeriscono la pressione fiscale sui produttori, e per questa via stimolano l'economia. Non solo, ma mi pare che, da questo punto di vista ci sia un doppio e positivo stacco rispetto al passato: rispetto al vecchio centrosinistra, perché Matteo Renzi non ha alcuna intenzione di spremere ulteriormente gli italiani; rispetto al vecchio centrodestra, perché Renzi quando parla di riduzioni fiscali pensa più al mondo dei produttori che ai bilanci famigliari (di cui molto si preoccupava il «Contratto con gli italiani»). C'è solo una cosa che non va, a mio parere: il racconto. La storia che ci viene raccontata è vera (almeno in parte), ma è gravemente incompleta…

UNO SCONTRO SINDACALE PARTICOLARE: IL CASO DELLA DON GNOCCHI. Ne parla Dario Di Vico sul Corriere della Sera. Sta diventando una vertenza dura come se da una parte ci fosse Sergio Marchionne e dall’altra Maurizio Landini. E invece il datore di lavoro si chiama Fondazione Don Gnocchi, a presiederla è monsignor Angelo Bazzari e i sindacati sono gli stessi che non più tardi di due anni fa hanno concesso alla Onlus milanese due ore in più di lavoro a settimana non retribuite e la rinuncia a due giorni di ferie per ciascun addetto. La Don Gnocchi è nella realtà un gruppo da circa 5.500 dipendenti, la metà in Lombardia e il resto distribuiti in altre otto regioni. Opera in regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale nel segmento dell’assistenza ai disabili e può vantare 28 strutture, 30 ambulatori e 3.600 posti letto. Gode di ottima reputazione per il livello dei trattamenti, per la ricerca che ha sempre portato avanti con buoni risultati e per la cura destinata alla formazione del personale. Tutto ciò però sembra appartenere al passato, la crisi morde e nonostante la Fondazione abbia da tempo scelto di avere un proprio contratto di lavoro ad hoc ora lo ha addirittura disdettato. L’accusa che arriva da Manuela Vanoli della Fp - Cgil lombarda è quella di puntare a «un dumping contrattuale , si vuole uscire dalle difficoltà riducendo drasticamente il costo del lavoro e si cerca una cornice a cui appendere questa scelta». (Dario Di Vico, Il caso Il duello sindacale più duro? Alla Don Gnocchi, (Corriere della Sera, pagina 25)

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