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L'ARTICOLO DEL POLITOLOGO PIERO IGNAZI SUL QUOTIDIANO REPUBBLICA.

La vittoria di Corbyn in Gran Bretagna non deve sorprendere


2015-09-18 «L’elezione di Jeremy Corbyn alla guida del Labour party segna uno spartiacque nella politica britannica ed europea perché riporta in primo piano valori e riferimenti sociali sottovalutati e persino rimossi». A scriverlo è il politologo Piero Ignazi in un articolo pubblicato oggi (venerdì 18 settembre 2015) sul quotidiano Repubblica. «Quindici anni fa la sinistra si era affermata grazie a un mutamento sostanziale, quanto implicito, nei suoi programmi e nei suoi riferimenti sociali - scrive Ignazi -. Il progressivo spostamento verso le domande di settori sociali educati, occupati a livelli medio-alti (in particolare nel pubblico) o libero-professionali, modificava la sua agenda, ed anche il suo profilo sociale. I problemi del lavoro salariato, e suoi rappresentanti, scomparivano, sostituiti, da un lato, da una inedita (e spericolata) attenzione alle richieste del mercato e, dall’altro, dall’enfasi sui nuovi diritti civili». Ma, aggiunge, «nella rincorsa al consenso di settori sociali nuovi – e tradizionalmente ostili - la sinistra ha spesso perso l’anima: non ha saputo coniugare la difesa dei più deboli con l’adattamento ai cambiamenti del contesto socio-economico e culturale». L’irruzione, del tutto inimmaginabile fino a pochi mesi fa, di una leadership nettamente “di sinistra” alla guida del Labour Party britannico è frutto di questa difficoltà (oltre che dell’arroganza dei banchieri come scriveva quel foglio bolscevico del Financial Times …). Di qui la conclusione: «La vittoria di Jeremy Corbyn non deve sorprendere. Rappresenta il tentativo di ridare una identità forte al partito, precondizione necessaria (ma non sufficiente) per tornare a vincere. Il linguaggio un po’ retrò del nuovo leader risuona con le domande di gran parte dell’elettorato popolare britannico: giustizia sociale, riduzione delle diseguaglianze, servizi più efficienti e accessibili. Ma, ancora di più, attira il suo “stile” personale, autentico e dimesso, lontano anni luce dall’arroganza posh dei conservatori e dal glamour da cool Britannia dei blairiani. Anche questo conta nell’era della crisi e dell’antipolitica. Un linguaggio meno aulico, una immagine più in tono con la difficoltà dei tempi, un richiamo ai valori identificativi costituiscono i primi passi per riconquistare l’attenzione dei milioni di cittadini che sono usciti dalla politica o hanno seguito il demagogo di turno. Non è correndo verso il centro che si vincono le elezioni, secondo una vecchia e contestata teoria. Oggi si vince offrendo all’elettorato una proposta molto precisa e distintiva, che differenzi e caratterizzi il partito. Se quindi la sinistra vuole affermarsi contro i suoi due nemici - i conservatori e i populisti - non deve inseguirli sui loro terreni, bensì deve elaborare e proporre la propria visione. Jeremy Corbyn può essere solo una meteora e cadere sull’inesperienza e su un radicalismo vecchio stile, che pure ha illustri tradizioni nella storia laburista. Oppure può dimostrare che giustizia sociale, protezione dei deboli e diritti universali sono ancora temi fondativi e mobilitanti. E possono diventare policy efficaci se applicate con il dovuto pragmatismo».

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