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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

SEGNALAZIONI DAI QUOTIDIANI NAZIONALI

Europa e Grecia vicine alla rupe


Sul fronte europeo fumata nera per la Grecia. Il
vertice di ieri che avrebbe dovuto essere risolutivo non ha portato a
nulla. Il summit dei capi di Stato della Ue è stato riconvocato
d'urgenza per lunedì prossimo. Ora il conto alla rovescia, come titola
oggi il Corriere della Sera, è scattato davvero. (Sui problemi
dell'Europa da segnalare una intervista a Romano Prodi sull'Espresso
di questa settimana). Pubblicata l'enciclica di papa Francesco
sull'ambiente e il rapporto tra l'uomo e la natura. Tra le
anticipazioni che sono circolate ieri un affondo contro le banche:
hanno pagato i popoli. Sull'immigrazione la tensione rimane alta in
tutta Europa anche alla luce del moltiplicarsi degli sbarramenti che i
singoli Stati stanno decidendo. Domani a Roma la manifestazione
"fermiamo la strage". In piazza ci sarà anche il segretario generale
della Cgil, Susanna Camusso.

FACCE SCURE A BRUXELLES. Facce scure e stanche, forse più irritate che
altro. Lo scrive da Bruxelles l'inviato della Stampa, Marco Zatterin.
"L'Eurogruppo ammette una volta di più che coi greci «non c'è un
accordo in vista» e lancia un appello ad Atene perché «presenti
finalmente delle proposte credibili». Dopo quattro mesi di inutili
negoziati - «giochi di specchi e fumi», li ha chiamato la direttrice
del Fmi, Christine Lagarde - i ministri economici dell'Eurozona
gettano la spugna e lasciano il campo ai loro leader, che si
incontreranno lunedì a Bruxelles per discutere il salvataggio di Atene
con «urgenza». Il premier ellenico ha più volte definito il caso della
suo paese «politico» e ora ha l'occasione di spiegarsi al massimo
livello. L'Europa, suo malgrado, gli viene incontro di nuovo. Da
sempre l'uomo sotto i riflettori, il greco Yanis Varoufakis è arrivato
al Palazzo del Consiglio di Lussemburgo con passo ciondolante,
sembrava appena sceso da cavallo. Alla vigilia della riunione, le
solite voci di corridoio greche facevano sapere che si puntava allo
scontro per costringere l'Eurogruppo a una sessione notturna. Non ci
sono riusciti. In Europa la regola è che in genere si fa tardi quando
c'è un'intesa in vista, mentre stavolta «l'accordo era troppo lontano»
(parole del capo presidente di Eurolandia, Jeroen Dijsselbloem), e
così la seduta si è chiusa in fretta. Atene «si sieda al tavolo con
serietà - ha ammonito il commissario Ue all'Economia, Pierre
Moscovici. Il timore è evidente: pensa a un nuovo terremoto europeo e
all'addio della Grecia all'euro. L'oggetto del contendere è
l'estensione del piano di salvataggio greco al 30 giugno decisa il 20
febbraio e mai attuata perché prevedeva una serie di impegni di
riforme e consolidamento che i creditori (Ue, Fmi, e Bee) non sono
riusciti a definire con Atene. A fine mese, i greci devono anche
pagare 1,6 miliardi (...)

I MURI DEL POPULISMO. "Caduto il muro di Berlino, l'Europa si era
illusa di seppellire sotto le sue macerie l'ultima grande lacerazione
continentale, la più profonda e traumatica, costruendoci sopra la
cattedrale della propria riunificazione, della riconciliazione
definitiva tra i suoi popoli. La frenesia integrativa che ne era nata
ha dato vita, in poco più di un decennio, prima al mercato unico,
poi alla moneta unica e infine al maxi-allargamento verso Est: un
sommovimento senza precedenti, una doccia di speranza e di ottimismo
quasi illimitati. Sono passati 26 anni da quel 9 novembre dell'89.
Formalmente l'Europa continua a percorrere lo stesso sentiero. Ma,
purtroppo, comincia a farlo a ritroso. In un tripudio di muri che
spuntano, si erigono e moltiplicano dentro una casa comune che si
divide e rimpicciolisce in un labirinto di cecità politiche
incrociate". Lo scrive nell'editoriale del Sole 24 ore Adriana
Cerretelli.

STRADE OBBLIGATE PER I CREDITORI. Sul Messaggero il commento è
affidato a Giulio Sapelli. Dopo oltre cinque mesi di confronti
inconcludenti, per la questione greca è giunta l'ora della verità. Una
verità che non riguarda solo la Grecia: creditori e debitore
finalmente si guardano negli occhi. Ora, non vi è dubbio che la
finanza pubblica greca abbia compiuto, nel periodo dei governi
conservatori, scelte scellerate: statali in pensione con assegni
spropositati in relazione ai contributi versati e parassitismi
populisti in gran parte nati sotto la dittatura militare e poi
consolidati nei decenni successivi. Di fronte a ciò, i tedeschi che
vanno in pensione a 67 anni, con regole di equivalenza rigide tra
versato e corrisposto, non accetteranno mai un confronto alla pari, e
probabilmente non solo loro. Di qui l'insofferenza che negli ultimi
tempi è andata radicando un po' ovunque verso Atene. Ma c'è qualcosa
che va oltre l'insofferenza. Il debito greco e delle banche locali è
stato finanziato prima dalle banche europee e più tardi dalle
istituzioni dell'Unione e internazionali, con modalità a pioggia mai
cambiate anche quando si trattò di cacciare un commissario europeo per
corruzione né quando si scopri che il governo di Nuova Democrazia
aveva truccato i bilanci dello Stato pur di accedere ai prestiti
dell'Fmi ed europei. Prestiti peraltro concessi senza pretendere in
cambio un percorso a ritroso che invece le banche francesi e tedesche
erano riuscite ad ottenere a cavallo del 2010. Sicché, ora che si è
capito che l'atteggiamento di durezza dei ministri greci è tale perché
hanno ben poco da perdere, prende forma l'idea che il problema sia
anzitutto in capo ai creditori. Infatti, qualora la Grecia
abbandonasse l'euro - sospendo per il momento la valutazione sulle
conseguenze possibili - i danni maggiori sarebbero per l'Europa nel
suo insieme...

L'EURO VA CAMBIATO COMUNQUE. Lo sostiene nell'editoriale sulla Stampa
Stefano Lepri. Questa sì che è l'ultima chiamata, dopo molti falsi
allarmi anche pretestuosi. E' la paura dei greci stessi ad
affrettarla, con ritiri di risparmi dalle banche - per nasconderli
sotto il materasso - al ritmo di circa 100 euro al giorno a persona. E
quel 75% che vuole restare nell'euro si è anche visto ieri in piazza,
ad Atene, in una manifestazione grande e composta. Il nuovo governo
che aveva suscitato le speranze di molti, in tutta l'Europa, si è
infilato in un vicolo cieco: deve scegliere tra quella che finora ha
definito una resa e la catastrofe; perché nelle condizioni attuali
l'insolvenza sarebbe una catastrofe. Può darsi non sia vero, è certo
verosimile il consiglio confidenziale alle banche greche di non
riaprire lunedì. Da parte europea, ciò che manca è l'autocritica. I
tempi troppo stretti della cura di austerità imposta alla Grecia nel
2010, troppo più severa di quella irlandese, spagnola o portoghese,
devono essere riconosciuti come un errore. Per far tornare i conti i
sacrifici erano inevitabili, ma gli eccessi si curano con la dieta,
non con un prolungato digiuno. Le incongruenze della moneta unica non
sono più sopportabili L'euro va cambiato comunque ha troppi difetti di
costruzione (...) Sul lavoro

L'OCCHIO DEL PADRONE CHE CI SPIA. Siamo tutti lavoratori sorvegliati.
Il Grande fratello c'era già prima che il governo approvasse l'ultimo
decreto sul Jobs act. I "padroni della rete" sanno tutto di noi:
conoscono i nostri gusti alimentari, i libri che leggiamo, la musica
che ascoltiamo, i vestiti che indossiamo, i film che vediamo,
probabilmente pure il partito che votiamo o che abbiamo intenzione di
votare. Anche il "nostro padrone sa quasi tutto di noi. Lo sa, ma non
lo dice. Lo scrivono oggi su Repubblica Paolo Griseri e Roberto Mania.
La nostra posta elettronica nel posto di lavoro può essere
controllata, così internet e le telefonate. Gli unici limiti arrivano
dal Garante della privacy: non si può abusare dei dati. La Cassazione
ha appena reso legittimo un licenziamento.
Tutto è tracciato. La rete, si sa, non dimentica, o non vuole
dimenticare, mai. I dati sono ormai facilmente acquisibili, bisogna
vedere l'uso che se ne fa dopo. Questo è il punto più delicato. E il
governo ha deciso che l'imprenditore potrà controllare a distanza il
proprio dipendente attraverso il cellulare aziendale, il tablet, lo
smartphone, le nostre propaggini tecnologiche che utilizziamo in
maniera promiscua, un po' per il lavoro un po' per il privato. Dentro
ci sono tante informazioni sensibili. Sono le nostre connessioni
permanenti, fanno parte di noi. E del nostro lavoro. Il datore di
lavoro potrà controllarci (e il testo del decreto delegato
presentato in Parlamento non subirà modifiche nel prossimo mese),
rispettando le regole sulla privacy, indipendentemente da un accordo
con i sindacati, basterà che ottenga l'autorizzazione da parte
dell'ufficio territoriale del ministero del Lavoro. Questa è la svolta
rispetto alla disciplina introdotta 45 anni fa con l'articolo 4 dello
Statuto dei lavoratori (...)

Sull'enciclica di papa Francesco

LAUDATO SI. E' la prima enciclica interamente ascrivibile alla
paternità di papa Francesco, un'enciclica dedicata all'ecologia o,
meglio, come recita il sottotitolo, alla "cura della casa comune". Lo
scrive Enzo Bianchi su Repubblica. Su questo tema il papa intende
"entrare in dialogo con tutti", non solo con i membri della sua chiesa
cattolica.  Francesco si rivolge a tutti, come fece Giovanni  XXIII,
papa santo e profeta, con la Pacem in terris quando la emanò
dedicandola «a tutti gli uomini di buona volontà». Cosi delinea un
parallelo tra la tragica minaccia della guerra all'inizio degli anni
Sessanta, «mentre il mondo vacillava sull'orlo di una crisi nucleare»,
e il «deterioramento globale dell'ambiente» che stiamo provocando,
"degradazione" già denunciata come "drammatica" e foriera di una
possibile "catastrofe ecologica" da Paolo VI nella sua Lettera
apostolica Octogesima  adveniens del 1971. Ci troviamo cioè di fronte
a una minaccia per l'umanità paragonabile alla catastrofe nucleare:
per questo il suo monito risuona accorato e urgente. (...)

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