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cgil CGIL - Camera del Lavoro di Brescia

SEGNALAZIONI DAI QUOTIDIANI NAZIONALI

Europa tra Podemos e destra polacca


I risultati delle elezioni in Spagna e Polonia scuotono tutta l’Europa
politica, mentre le Borse registrano forti cali per le tensioni sui
mercati in vista di un possibile default della Grecia, con conseguente
uscita di Atene dal sistema dell’euro. Tutti i leader dei paesi
europei sono a questo punto molto preoccupati per gli effetti a
cascata del fallimento delle politiche di austerità. Anche il premier
italiano Matteo Renzi ammette che bisogna fare presto per modificare
le politiche dell’Unione. Intervista a Romano Prodi sul Corriere della
Sera: dal caos greco al voto anti-Ue, ora c’è davvero il rischio della
disgregazione. Su Repubblica parla Pablo Iglesias, il giovane leader
di Podemos: “i cittadini spagnoli, dice, hanno bocciato le politiche
fallimentari dei vecchi leader, i nostri deputati regionali si
taglieranno per prima cosa gli stipendi e faremo accordi solo con chi
difende i più deboli”. La Stampa pubblica invece il documento italiano
consegnato a Bruxelles con le proposte di riforma del fisco, eurobond
e indennità di disoccupazione. In Italia, mentre il ministro Poletti
annuncia i possibili cambiamenti del sistema previdenziale (intervista
di Marro sul Corriere), si registra una nuova fumata nera nel
confronto tra governo e sindacati sulla riforma della scuola. Per il
segretario della Flc Cgil, Domenico Pantaleo, l’incontro di ieri con
il ministro Stefania Giannini è stato inutile. La Cgil lancia una
grande campagna sulla rappresentanza in tutti i luoghi di lavoro:
“Contarsi per contare”. Si parte dai social network per arrivare a
parlare con tutti i lavoratori.

GLI APPROFONDIMENTI: ANALISI, COMMENTI E INTERVISTE


IL LUNEDI’ NERO DELL’EUROPA. PARLA  ROMANO PRODI. “È un lunedì nero
per l'Europa” Romano Prodi, si riferisce al precipitare della crisi
greca? «Mi riferisco alla Grecia, e non solo. L’ex presidente Prodi
parla al Corriere della Sera rispondendo alle domande di Aldo
Cazzullo. (p.6) In Spagna crollano i partiti. Francia e Inghilterra si
sono chiamate fuori dall'accordo sugli immigrati. Ma la notizia
peggiore è íl voto polacco». Ha vinto ll candidato antieuropeo:
Andrzej Duda. «Un voto straordinario: in negativo, s'intende. Nei
sondaggi Duda era testa a testa con il candidato di Tusk, Bronislaw
Komorowsky. Invece ha vinto a valanga, grazie ai voti della Polonia
rurale. E questo è un segno inquietante. La Polonia è il Paese che ha
performato meglio in questi anni, che ha ricevuto più aiuti
dall'Europa. E' la sesta economia dell'Unione. Ne esprime il
presidente, Donald Tusk. Ma l'uomo di Tusk ha perso. E ha vinto l'uomo
di Kaczynski. Con una linea portatrice di tensioni, perché fortemente
antieuropea. Antitedesca. E antirussa».
Lei è accusato di essere un po' troppo morbido con i russi. In
particolare con Putin. «Duro o morbido non sono concetti politici.
Puoi essere duro se ti conviene, o morbido se ti conviene; non puoi
fare il duro se te ne vengono solo danni. Isolare la Russia è un
danno. Il problema è avere chiara l'idea di dove devi arrivare. (…)

TRA GREXIT E SPEXIT. CERRETELLI SUL SOLE. Se gli europei votano no
all’austerità tedesca. Lo scrive nell’editoriale del Sole 24 ore
Adriana Cerretelli. Non si possono fare tante concessioni alla
Grecia perché sarebbero un implicito invito a delinquere per gli altri
partiti anti-sistema e anti-austerità come Syriza, e inoltre un aiuto
a nemici giurati dei governi che hanno imposto sacrifici impopolari
per rilanciare la crescita e salvare l’euro». Era questo il leitmotiv
imperante a Bruxelles e dintorni all’indomani della vittoria di Alexis
Tsipras ad Atene. Era fine gennaio, ancora si sperava, nonostante
l’arrivo al potere dell’estrema sinistra, di riuscire a risolvere il
problema ellenico in relativa scioltezza e nessuno si azzardava a
parlare seriamente di Grexit. Comunque non ad alta voce. Quattro mesi
dopo non solo il default di Atene con le casse vuote potrebbe essere
questione di giorni, non solo non è chiaro se l’Fmi resterà della
partita, non solo Grexit non è più un tab ù m a è v is tos ament e fa
l lito l’obiettivo di arrestare il contagio grazie a una politica
severa verso le richieste di Tsipras. La strategia si è rivelata
inefficace e sbagliata. La prova è arrivata domenica con la virata a
sinistra estrema anche della Spagna. Alle elezioni regionali e locali
ha stravinto Podemos di Pablo Iglesias conquistando Barcellona e forse
anche Madrid, Valencia e Saragozza. Ha vinto il nuovo partito di
centro Ciudadanos. Hanno perso i socialisti e soprattutto i popolari
del premier Mariano Rajoy che, con il 27% dei consensi, restano il
primo partito del Paese ma con 11 punti e 2,6 milioni di elettori in
meno rispetto al 2011 (…)

TROPPI EQUIVOCI SU ATENE. IL COMMENTO DI LUCREZIA REICHLIN. L ' altro
ieri il ministro dell'Interno greco Voutsis  annunciava che il suo
governo non avrebbe pagato i soldi dovuti al Fondo monetario
Internazionale (Frasi) in giugno. Ieri sera la smentita: «Atene farà
ogni sforzo per onorare i suoi debiti». Questo è solo l'ultimo
episodio nel confuso susseguirsi di annunci e precisazioni che
accompagnano le trattative in corso tra il governo greco e i partner
europei. Se non fosse una tragedia, questo continuo flusso di notizie
difficilmente interpretabili potrebbe bene essere descritto dalla
commedia di Shakespeare Much ado about nothing («Molto rumore per
nulla»): pettegolezzi, annunci, voci e chiacchiere che portano i
protagonisti a false mosse e a una sequenza di errori. Lo scrive
nell’editoriale del Corriere della Sera, Lucrezia Reichlin. “La
commedia shakespeariana ha un lieto fine, sarebbe potuta andare
altrimenti. Come nel caso della Greda, si rimane fino all'ultimo in
bilico tra il lieto fine e l'esito tragico. li testo si insegna nelle
scuole come una riflessione sull'onore, la vergogna e la politica.
Riflessione più che mai urgente per tutte le parti in causa anche per
il caso greco. Dopo quattro mesi di incertezza ed errori da ogni
parte, i negoziati tra Atene e la troika (comunque la si voglia
chiamare adesso) sembrano ora focalizzarsi esclusivamente su aspetti
di bilancio, volti a un acconto dell'ultimo minuto che eviti il peggio
ma che non garantisce alcuna sostenibilità di lungo periodo. Non c'è
tempo, né volontà politica per cercare di costruire un percorso con un
orizzonte non immediato, basato sulla coerenza tra un programma
riformatore e la sostenibilità di bilancio. Si stanno ripetendo gli
errori del passato. (…)

EUROPA, ZATTERA ALLA DERIVA. IL COMMENTO DI SAPELLI. La questione
europea diviene sempre più stimolante perché sta via via perdendo ogni
dimensione economica per divenire invece questione eminentemente
politica. Lo scrive nell’editoriale del Messaggero, Giulio Sapelli.
Anzitutto accadono cose persino comiche se non avessero risvolti
drammatici. I grandi giornali internazionali, corn-presi quelli
italiani, hanno dato risalto a una missiva on line che un alto
funzionario della Banca d'Inghilterra avrebbe inviato per errore al
quotidiano britannico The Guardian, una nota in cui, come è più che
normale, la Banca d'Inghilterra predispone cautelativamente tutta una
serie misure. Misure even tua l mente da adottare nel caso il governo.
sul Fonda di un esito referendario inequivocabile, decidesse di dire
addio all'Unione Europea. Se non è una mossa tattica (talvolta è
accadutoche mail delicate venissero inviate "per errore" ai giornali
onde avere la massima eco), è un chiaro segnale per dire che le
richieste inglesi su I piano confederativo, ossia su un ampliamento
degli spazi di manovra nazionali nell'Unione, non sono schermaglia
elettorale, bensì qualcosa da prendere molto sul serio. E
probabilmente il destinatario finale dell'invio "incidentale" è il
governo tedesco. D'altro canto, non è un mistero che la Germania stia
perdendo interessealleschermaglie istituzionali in Europa ed è mia
convinzione che, seguendo una vecchia tentazioneanti-bismarkiana della
politica estera tedesca, Berlino abbia cominciato a pensare seriamente
a un'Europa senza Regno Unito (…)

NUOVI CONTRATTI STABILI, OPPURE NO? Se ne parla oggi un po’ su tutti i
quotidiani sulla base dei dati diffusi dal Ministero del lavoro.
Riprendiamo il succo da Repubblica (p.24). Un saldo positivo di
210.544 contratti, tra questi oltre 48.000 a tempo indeterminato: i
dati di aprile diffusi dal ministero del Lavoro confermano l'aumento
delle assunzioni nei primi mesi del 2015. In particolare, rilevate
35.883 trasformazioni di rapporti di lavoro da tempo determinato a
indeterminato, il doppio rispetto alle 19.144 del 2014. Sono certo che
continuando a lavorare sui temi del lavoro e della legalità non
soltanto l'Italia riparte, ma sarà anche molto più facile poter
investire sul futuro dei nostri figlie, commenta il premier Matteo
Renzi. «È la conferma di una tendenza che è così dall'inizio
dell'anno: — rivendica il ministro del Lavoro Giuliano Poletti
—sostanzialmente si conferma un aumento dei contratti stabili e si
riducono i contratti precari». «È nella stabilità dell'occupazione
innanzitutto — aggiunge Filippo Taddei, responsabile Economia del Pd —
che si tutela e si accresce la competenza dei lavoratori, la più forte
garanzia del loro futuro». L'ex ministro del Lavoro Elsa Fornero
mostra invece un certo scetticismo: «Come una rondine non fa
primavera, un solo dato, perdi più di fonte ministeriale, non può fare
la primavera dell'occupazione». E il segretario generale dell'Ugl
Francesco Paolo Capone ricorda che «i contratti a tutele crescenti non
sono più i contratti a tempo indeterminato classicamente intesi.
Intanto Poletti ha convocato le parti sociali per domani, per
discutere dei decreti attuativi del Jobs Act. «Temo che avremo grandi
delusioni., dice il segretario generale della Cgil Susanna Camusso.
«Sono entusiasta che Renzi veda la ripresa. Piacerebbe a tutti noi
vederla davvero, aggiunge, obiettando che la vera ripresa deve
tradursi “in una diminuzione dei tassi di disoccupazione. Per noi
quello continua a essere il parametro”.

TUTTA LA VERITA’ SUL JOBS ACT. NUMERO SPECIALE DI RPS.

La Rivista della politiche sociali (Ediesse) dedica il numero in uscita in questi
giorni al profondo cambiamento del mercato del lavoro che si sta
determinando con il Jobs Act. Si analizzano i vari aspetti tra cui la
riforma degli ammortizzatori sociali, peggiorativa per molti
lavoratori; le norme sul demansionamento, che abbinate a quelle sui
licenziamenti, potrebbero avere effetti nefasti sulla garanzia di
diritti fondamentali dei lavoratori, quali il diritto alla
salvaguardia della professionalità e alla conservazione del posto di
lavoro; e ancora, la disciplina dei licenziamenti per i nuovi assunti,
con impatti significativi sulle relazioni di lavoro e sull’azione
delle organizzazioni sindacali. In relazione poi alla norma che ha
previsto la fiscalizzazione per un triennio dei contributi a carico
del lavoro sui contratti a tempo indeterminato stipulati nel corso del
2015, nel numero si propone una valutazione dei possibili effetti
sulle convenienze delle imprese a sostituire contratti a termine con
contratti a tutele crescenti, nonché dei possibili oneri per il
bilancio pubblico derivanti dalla concessione degli sgravi
contributivi. Molto ampia la parte dedicata alla nuova questione
meridionale e al declino industriale e produttivo di un Paese in cui
le politiche industriali sono latitanti da anni. Il numero di RPS si
apre con un articolo di Serena Sorrentino, segretaria confederale
della Cgil. Contributi di: Riccardo Bellofiore, Lorenzo Birindelli,
Valeria Cirillo, Giovanna Di Castro, Sergio Ferrari, Francesca
Fontanarosa, Francesco Garibaldo, Pietro Greco, Dario Guarascio, Paolo
Liberati, Elena Paparella, Fabrizio Patriarca, Michele Raitano, Andrea
Ricci, Franco Scarpelli, Giuseppe Travaglini, Claudio Treves, Giovanna
Vertova.

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