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INTERVISTA SUL BRESCIAOGGI A DAMIANO GALLETTI, SEGRETARIO DELLA CAMERA DEL LAVORO DI BRESCIA

«La coalizione sociale a Brescia esiste già»


3 aprile 2015 - Il sindacato alle prese con le sfide del lavoro e del rinnovamento, iniziando dai temi balzati al centro della cronaca nel Paese (il «duello» Landini-Camusso e la coalizione sociale in primis) fino alle questioni più strettamente territoriali che partono dal Patto per Brescia fino all´occupazionale. Questioni ben chiare nell´agenda di Damiano Galletti, segretario generale della Camera del lavoro di Brescia, alla base di analisi e nuovi impegni.

Galletti, partiamo dall´attualità: lei si è espresso favorevolmente alla proposta di una «coalizione sociale», lanciata dal leader nazionale della Fiom Maurizio Landini, bocciando invece la posizione contraria di Susanna Camusso che guida la Cgil. Perchè?
«Non credo si possa non essere d´accordo con Landini quando dice che il sindacato deve cambiare: il contesto sociale si è molto modificato in questi ultimi anni, tanto più dopo l´introduzione di un Jobs Act che stravolge lo Statuto dei lavoratori. Non è immaginabile un sindacato che non inizia a ripensarsi. Proprio queste considerazioni, unite alla conferenza organizzativa della Cgil in programma da giugno, daranno il segnale della nostra volontà di aprirci al nuovo. Riguardo poi al fatto che il sindacato, come corpo intermedio, debba interloquire sempre di più con le altre associazioni che affrontano le emergenze, per esempio in ambito sanitario, della povertà e delle mafie, penso sia un assoluto dovere. Questo non significa necessariamente dar vita a un soggetto politico: il fatto stesso che Landini abbia specificato alle riunioni chiunque può partecipare, tranne i partiti, è un chiaro spartiacque per tutti».

Allora perchè il clima è così teso tra la Cgil e la Fiom, la Camusso e Landini?
«Al di là delle strumentalizzazioni mediatiche, credo che Landini abbia risposto con chiarezza ai timori, se vogliamo anche legittimi, della Camusso a proposito di una deriva politica dell'associazione sindacale: il leader della Fiom ha ribadito la sua determinazione a fare solo ed esclusivamente sindacato, così come la stessa Cgil. La realtà, però, è che abbiamo un futuro solo se accettiamo che, oltre a fare contrattazione, anche sociale e nelle aziende, è necessario aprirsi al territorio e alle associazioni che pure operano a favore di un Paese più democratico e equo. L'esempio potrebbe essere quello del reddito minimo di cittadinanza: non crede che avrebbe più forza se venisse proposto al Parlamento non dalla sola Cgil, ma dalla Cgil con le Acli, la Caritas, la Cisl e altre organizzazioni che condividono l´importanza di un tema tanto pesante come quello di una vita dignitosa per tutti?».

Che risvolti ha o potrebbe avere nel Bresciano lo spunto «landiniano» della coalizione sociale?
«Come Camera del lavoro abbiamo già aperto molte interlocuzioni. Ad esempio quella sulla povertà attivata con la Caritas: per esigenze specifiche quali le difficoltà a pagare le bollette o ad acquistare generi di prima necessità indirizziamo già ai loro uffici le persone bisognose che si rivolgono ai nostri sportelli. Collaborazioni analoghe sono state poi instaurate pure con Emergency e con Libera, qualcosa di simile è stato fatto con le associazioni dei migranti. In pratica la coalizione sociale a Brescia esiste già, perché ha già dato dimostrazione di avere le gambe per camminare lungo i binari di un sindacato aperto ad affrontare insieme ad altri temi enormi come quelli che caratterizzano questi anni. Personalmente, credo abbia la sua forza anche al di là delle formalizzazioni ufficiali».

Restando in provincia, l´accordo-ponte, nell´ottica di una solidarietà intergenerazionale, per favorire l´occupazione giovanile siglato recentemente dai sindacati e Aib può considerarsi una sorta di rinnovato spunto per il «Patto per Brescia», oppure rimane convinto, come ripetuto più volte, che sia morto e sepolto?
«Il Patto per Brescia aveva un obiettivo preciso: riformare le relazioni sindacali. L´Associazione industriale si è tirata indietro e per me la questione è chiusa. Ciò non toglie che sui singoli temi si possa continuare a lavorare positivamente: quello che si sta facendo nelle singole categorie e sugli accordi aziendali dimostra che la contrattazione, in provincia, è ancora assolutamente viva e fertile. Credo sia una nota positiva. Certo, possiamo sempre migliorare, ma il problema alla base è che abbiamo impostazioni molto diverse: non solo con Cisl e Uil, ma anche con Aib che, nei suoi documenti, continua a sostenere la necessità di mantenere solo la contrattazione aziendale ed eliminare quella nazionale. Su questo punto, inutile dirlo, non potremo mai essere concordi».

Le altre sigle confederali, però, vi hanno più volte accusato di eccessiva rigidità...
«Ritengo sia un critica che ormai ha fatto il suo tempo. Questa Cgil si è assunta la responsabilità di fare accordi sempre e solo tenendo presente il consenso dei lavoratori. Le differenze di vedute, nei sindacati, vengono risolte con il voto, con la pratica democratica. Al di là di questo ora i rapporti con le altre organizzazioni territoriali, soprattutto con la Cisl, sono problematici».

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato alcuni dati relativi al lavoro in provincia nel 2014: numeri preoccupanti, che hanno fatto emergere 16 mila occupati in meno e un tasso di disoccupazione arrivato ormai al 9,1%. Sulla base anche dei primi mesi del 2015 e degli interventi varati dal Governo, vede uno spiraglio di luce in fondo al tunnel?
«Credo che fare propaganda a colpi di tweet su un problema così enorme come quello dell'occupazione sia un errore enorme che riporta ai tempi delle boutade di Silvio Berlusconi. Al momento nuovi posti di lavoro non ne vedo, ma solo contratti precari che vengono trasformati a tutele crescenti, ed è ovvio che ci siano visto che sono pagati con i soldi dei cittadini. Se facciamo una discussione seria, non dopata dal dato dei precari inquadrati diversamente, ritengo che anche oggi, a Brescia, un cambio di passo rispetto agli ultimi sette anni di grave crisi non ci sia stato. Ed è un grosso problema, perché lo riscontriamo non solo nel manifatturiero ma anche nel commercio, nelle banche, nelle cooperative sociali. Ripetere che siamo fuori dalla crisi è da irresponsabili».

Galletti, in provincia non mancano attacchi nei vostri confronti. Ci sono novità sul recente episodio di aggressione al delegato sindacale Emiliano Speziali? Siete preoccupati? Vi siete fatti qualche idea?

«Le indagini proseguono. È chiaro che, avvenimenti come questo, ci preoccupano ma, oltre alle denunce, cerchiamo di non costruire teoremi: saranno le forze dell´ordine e la magistratura a verificarne tutti gli aspetti».

Segretario, per concludere con un´altra analisi di portata generale, si trova d´accordo con Maurizio Landini nel dire che il Governo Renzi è persino peggio dell´Esecutivo Berlusconi?

«Siccome credo che gli slogan non vadano mai bene, a maggior ragione in un momento come questo, mi permetto di chiarire. Berlusconi, nel 2002, voleva modificare l´articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, siamo scesi in piazza e lui l´ha mantenuto. Con Renzi è accaduto lo stesso, ma nonostante la mobilitazione di piazza il premier ha tirato diritto per la sua strada. Su questo fronte, dunque, sì: il Governo Renzi è peggiore di quello di Silvio Berlusconi...».

* Angela Dessì (Bresciaoggi)

 

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