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La Cassazione boccia il sindaco di Adro: chi discrimina gli stranieri non può ripristinare l’uguaglianza togliendo agli italiani

La Cassazione, con sentenza del 18 giugno 2018 n. 16048, ha respinto il ricorso del Comune di Adro che pretendeva, dopo aver escluso illegittimamente gli stranieri da un contributo all’affitto per le famiglie povere, di ripristinare l’uguaglianza togliendo i soldi ai cittadini italiani.


Giunge al termine, con la sentenza indicata, una vicenda processuale particolarmente complessa che ha visto come protagonista il Comune di Adro (BS), già noto alle cronache per la decisione del sindaco, anch’essa sanzionata dal giudice, di tappezzare la locale scuola con i simboli della Lega.

Nel lontano 2009, nella fase di maggior diffusione dei provvedimenti comunali discriminatori, il Comune di Adro aveva istituito un contributo al canone di locazione per le famiglie povere riservandolo ai soli cittadini italiani.

Il Tribunale di Brescia –  accogliendo il ricorso promosso dagli stranieri esclusi con il supporto di ASGI e CGIL Brescia – aveva riconosciuto il carattere illegittimo e discriminatorio dell’esclusione, ma - preso atto che nel corso del giudizio il Comune s’era affrettato a distribuire la somma stanziata ai soli italiani - aveva riconosciuto ai discriminati la sola somma che sarebbe stata loro attribuita se lo stanziamento complessivo fosse stato sin dall’inizio suddiviso tra italiani e stranieri: in parole povere, agli italiani “arrivati per primi” era rimasta una fetta di torta più grande di quella riconosciuta ai discriminati, inseriti tra i beneficiari solo a seguito della causa.

A questo punto gli stranieri “parificati a metà” hanno impugnato la decisione e la Corte d’Appello di Brescia ha accolto il ricorso riconoscendo agli stranieri discriminati la medesima somma già pagata agli italiani, indipendentemente dal fatto che lo stanziamento di bilancio iniziale si fosse esaurito.

Nel frattempo il Comune (con scelta che sembrava fatta apposta per sollecitare le ire degli italiani contro gli stranieri) ha anche avviato le procedure di recupero contro gli italiani delle somme da pagare agli stranieri, ma il Tar lo ha subito stoppato, affermando l’irripetibilità delle somme destinate a sopperire a esigenze primarie come il pagamento del canone di affitto.

Il Comune ha anche impugnato la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo che il giudice di secondo grado avrebbe errato nel non tener conto che il Comune aveva un potere discrezionale di valutare come ripristinare la parità di trattamento e che in tale potere rientrava anche la possibilità di non reperire nuove risorse e quindi di non dare ai discriminati la stessa somma concessa ai beneficiati dalla discriminazione.

La Cassazione ha ora respinto il ricorso, riconoscendo che la tesi fondamentale del giudice d’appello – e cioè che non esiste “un potere discrezionale dell’amministrazione di rideterminare il contributo al ribasso una volta che i fondi stanziati erano già stati interamente erogati” –  non è neppure scalfita dalle argomentazioni del Comune.

Resta l’amarezza di una vicenda costata ai cittadini di Adro (e non solo, se pensiamo alle attività messe in moto nei palazzi di giustizia, tra Brescia e Roma) quattro giudizi, con le connesse spese legali, e, soprattutto, con il connesso carico di conflittualità tra gruppi sociali in una cittadina di 7000 abitanti. Il tutto per la consueta battaglia ideologica, come sempre persa, del “prima gli italiani”; e per un contributo che ammontava, per ciascun richiedente, a poche centinaia di euro.

Asgi (Ass. Studi Giuridici sull'Immigrazione) e Camera del Lavoro di Brescia


La sentenza della Corte d’Appello di Brescia
La sentenza della Corte di Cassazione

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